Matteo Lorito rettore Università Federico II: «Napoli est polo nazionale, al via la sfida di Agritech»

Matteo Lorito rettore Università Federico II: «Napoli est polo nazionale, al via la sfida di Agritech»
Professor Matteo Lorito - rettore della Federico II - ci spiega un po’ il polo Agritech cosa è? «Tra due...

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Professor Matteo Lorito - rettore della Federico II - ci spiega un po’ il polo Agritech cosa è?


«Tra due anni abbiamo le celebrazioni degli 800 anni della Federico II e in questo momento abbiamo anche la più elevata concentrazione di risorse che siano mai arrivate alla nostra Università: 350 milioni frutto del Pnrr. Agritech è il “Centro nazionale per lo sviluppo delle nuove tecnologie in agricoltura”. Una cittadella della scienza nell’area orientale di Napoli nell’ex Manifattura tabacchi. Da oggi su queste tematiche tutti dovranno passare da noi, lo diciamo con soddisfazione abbiamo superato il Politecnico di Milano e quello di Padova e l’Emilia Romagna. Siamo un Centro nazionale di riferimento, un hub per le aziende e per la ricerca e poi ci sono gli “spoke”, ovvero i realizzatori della ricerche distribuiti in tutto il Paese e 5 saranno da noi». 

E quali sono?
«Lo studio sulla perdita di biodiversità nel golfo di Napoli e nel Mediterraneo, quello sui farmaci a fattore “Rna”, le medicine del futuro che abbiamo conosciuto con il Covid e non ci vogliamo far trovare mai più impreparati. La mobilità sostenibile coordinata da Milano, le infrastrutture smart e i computer ad alta capacità che sarà collegato con il Polo di san Giovanni a Teduccio. Sono grosse opportunità di cui non godrà solo l’università».

Vale a dire? 
«Agritech è il pezzo più importante perché fino a oggi chi voleva sviluppare una nuova tecnologia nell’agrifood doveva rivolgersi ad altri ora ha un centro nazionale con Napoli capofila. Un cambio di scenario grande: da noi già sono venuti gli israeliani. Nell’Hub sono concentrati studi sulla siccità, sulla perdita di fertilità tutti problemi che stiamo toccando con mano. Un progetto basato sull’utilizzo delle tecnologie abilitanti per lo sviluppo sostenibile delle produzioni agroalimentari, con l’obiettivo di favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione dell’impatto ambientale nell’agrifood, lo sviluppo delle aree marginali, la sicurezza, la tracciabilità e la tipicità delle filiere»

Si dice in questi casi: “L’università deve essere collegata al mondo del lavoro”. Che ricadute avrà da questo punto di vista?
«Nell’ex Manifattura tabacchi collaboreranno 11 dipartimenti che lavorano con le aziende. Sono fondazioni di cui il 51% è delle università, il 49 dei privati che pagano per stare dentro. Si tratta di aziende come l’Eni, Cassa depositi e prestiti che è proprietaria del sito, Intesa San Palo, la Nestlè, la Ferrari, le industrie farmaceutiche per citarne alcune. Io stesso ho contattato degli stakeholders locali e ho avuto un migliaio di adesioni. Le aziende sono già qui dove studieranno giovani e ricercatori». 

La parola d’ordine del Pnrr è: rigenerazione urbana. Che impatto avrà su Napoli la cittadella della scienza?
«Un filosofo americano fece una battuta e disse: “Se vuoi recuperare un’area mettici una università e un centro di ricerca e aspetta 50 anni”. Noi nell’area est della città non siamo in un’area abbandonata, ma post industriale in grande fermento. È una opportunità perché le istituzioni locali - Comune e Regione - sono totalmente schierate su questo progetto, la sensibilità è altissima». 

Il Centro direzionale è nell’area est a pochissima distanza dalla ex Manifattura cosa può rappresentare in questo contesto? 
«Agritech crescerà e noi avremo bisogno di spazi di rappresentanza e di uffici per le aziende che dovranno lavorare con noi. Mi auguro che per il Centro direzionale ci sia una seconda giovinezza: parliamo di centinaia e centinaia di ricercatori e di studenti. Sicuramente il Centro direzionale ne beneficerà non sarà più solo un luogo di servizi, ma di nuove funzioni».

Tuttavia di fronte potrebbe sorgere un doppione equidistante dalla ex Manifattura, il nuovo quartier generale della Regione: che ne pensa?
«Tutto quello che può servire a sviluppare l’area lo accogliamo in senso positivo. Se sia opportuno o necessario non sta a me dirlo. Così come non sta a noi dirlo se serva una torre o un’altra struttura. Di certo c’è che quell’area ha bisogno di investimenti e che la nostra mission è trasformare i territori come abbiamo fatto a Scampìa». 

Torniamo su Agritech a che punto è la questione dei partenariati?
«La cosa nuova è che è uscito il decreto e ne abbiamo avuto confermati 12 progetti su 13. Siamo sempre nell’ambito del rapporto Hub e spoke però con partecipazioni limitate di altre università. La Federico II ha vinto quello della ricerca di base, l’intelligenza artificiale, energie sostenibili. Uno di cui siamo anche Hub sui rischi ambientali, sulle scienze quantistiche, sulla cultura umanistica, la creatività, le sfide dell’invecchiamento, un partenariato sulla sostenibilità economica dei territori, sull’alimentazione sostenibile, sul made in Italy, neuroscienze, contrasto alle malattie infettive e infine sulle telecomunicazioni. Siamo quelli che hanno avuto più progetti in assoluto. Si tratta di moltiplicatori di investimenti con questi arriviamo a sfiorare il miliardo una cifra record».

Ne godranno finalmente i ricercatori?
«Solo della Federico II saranno coinvolti in 1.500, stiamo parlando poi di centinaia di aziende interessate a questi studi».

Quando vedrà la luce Agritech?


«Le attività di ricerca inizieranno il mese prossimo nelle sedi che abbiamo già. Per il resto serviranno tra i 18 e i 24 mesi».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino