Presentato ricorso al Tar contro la selezione dei dirigenti a tempo determinato del Comune di Napoli. L'infornata di fine anno, dunque, torna a far discutere, ma questa volta...
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Sotto accusa anche l'avviso pubblico ed il successivo provvedimento di nomina della commissione di esame, che per Marone «sono illegittimi in quanto prevedono che il direttore generale del Comune di Napoli (Attilio Auricchio, ndr) nomini sé stesso come presidente della commissione e, quindi, ricopra, allo stesso tempo, la funzione di presidente della commissione di esame e quella di soggetto competente alla nomina dei commissari». Cosa ancor più grave si legge senza mezzi termini nel ricorso - che «gli atti della commissione siano approvati dal direttore generale che, quindi, approva sé stesso. Tale commistione di ruoli viola il principio di imparzialità, cui debbono improntarsi tutte le procedure selettive pubbliche, in quanto la confusione di ruoli pregiudica la necessaria terzietà tra organo amministrativo che nomina i commissari ed organo amministrativo deputato a valutare i candidati».
Lo stesso soggetto secondo i ricorrenti - ha scritto le regole per la partecipazione al concorso per poi autonominarsi presidente della commissione di concorso (organo amministrativo deputato a garantire l'imparziale applicazione di quelle regole) ed ha nominato anche gli ulteriori commissari. «Appare evidente quindi scrivono gli avvocati l'illegittimità dell'avviso pubblico» e «da tale illegittimità discende anche quella della composizione della commissione, quindi dell'attività valutativa dei candidati».
Altro punto sui quali battono i ricorrenti riguarda i criteri di partecipazione individuati dalla commissione, che «ha dapprima escluso una serie di soggetti che a suo dire non avevano i titoli scrivono i legali - dopo di che ha attribuito i punteggi ai singoli candidati e ha ammesso i migliori punteggi al colloquio finale. In altri termini l'avviso pubblico non ha predeterminato un punteggio minimo che i candidati devono riportare per accedere alla fase del colloquio orale, ma ha demandato al mero arbitrio della commissione il potere di stabilire quanti candidati debbano esser ammessi al colloquio orale». In pratica «non solo non si predetermina un punteggio per l'ammissione alla prova orale, ma si demanda alla commissione il potere di stabilire, dopo la valutazione dei curricula, quali candidati possano accedere a tale ulteriore fase concorsuale. Appare evidente, quindi, che il potere di cui gode la commissione viola tutti i principi di buon andamento, imparzialità, trasparenza ed obiettività che presiedono allo svolgimento di qualsivoglia selezione pubblica».
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Il Mattino