Incinta e bruciata dall'ex, Pietropaolo fa la vittima: mi ha usato per avere un figlio

Incinta e bruciata dall'ex, Pietropaolo fa la vittima: mi ha usato per avere un figlio
«Sono pentito e addolorato per quello che ho fatto ma vi invito a valutare anche la sofferenza che Carla ha causato a...

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«Sono pentito e addolorato per quello che ho fatto ma vi invito a valutare anche la sofferenza che Carla ha causato a me, sebbene non sia paragonabile alla sua. Mi ha usato per avere un figlio e poi mi ha lasciato per un altro uomo». Parla in aula Paolo Pietropaolo, il 41enne che il primo febbraio scorso a Pozzuoli aggredì l'ex fidanzata Carla Ilenia Caiazzo, incinta all'ottavo mese della loro bambina, e le diede fuoco ferendola in modo gravissimo.
Aula 411, piano alto del Palazzo di Giustizia. Il processo è a porte chiuse. Carla non è presente, le sue condizioni di salute ancora non glielo consentono. C'è il suo compagno, Vincenzo Ilario. È il giorno delle arringhe degli avvocati di difesa e di parte civile. Paolo Pietropaolo prende posto nel gabbiotto riservato agli imputati detenuti. Imputato di tentato omicidio aggravato e stalking, per lui i pm Raffaello Falcone e Clelia Mancuso hanno chiesto la condanna a 15 anni di reclusione. Chiede di poter parlare, Pietropaolo, e il giudice Egle Pilla glielo consente. Ha voluto mettere tutto su carta e la lettera è ora agli atti. Legge, e si dice pentito ma rivendica il dolore di uomo per la scelta di Carla di lasciarlo poco dopo aver scoperto di aspettare un figlio da lui. Tocca all'avvocato Gennaro Razzino, suo difensore. Lo stesso penalista non rinnega la gravità del gesto che non esita a definire «ignobile e senza giustificazioni», tuttavia in difesa di Pietropaolo mette in evidenza una serie di altri elementi della storia: il difficile rapporto con Carla, la presenza di un altro uomo nella vita di lei, la figlia che Carla aveva voluto proprio da lui, i problemi di Paolo e le conclusioni della consulenza psichiatrica depositata dalla difesa, l'uso di psicofarmaci nei giorni dell'aggressione, la mancanza di premeditazione. Insiste, l'avvocato Razzino, su questioni di diritto e sulla possibilità di qualificare il reato in lesioni gravi. Sottolinea il ravvedimento dell'imputato e chiosa su Carla: «Lei si è pentita del tradimento?». È il passaggio che fa sussultare l'avvocato Maurizio Zuccaro che assiste Carla: «Non si può far passare Pietropaolo per vittima».


Ma su cosa batte l'arringa dell'avvocato di parte civile? C'è una richiesta di risarcimento del danno, pari a un milione di euro, da parte del legale che rappresenta in aula gli interessi di Carla e della madre. Poi si entra nel vivo della ricostruzione di parte civile. In aula, l'avvocato Zuccaro nota gli orecchini indossati dalla penalista Caterina Sanfilippo che rappresenta l'associazione «La forza delle donne», parte civile accanto a Carla. «Belli gli orecchini che indossa» dice al giudice. «Carla non potrà indossarli mai più - aggiunge - non ha più le orecchie, il viso è sfigurato e a causa delle ustioni non riesce nemmeno ad abbracciare la figlia neonata». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino