Sanità campana sotto la lente degli indicatori di efficienza: la mappa tracciata dall'Agenas sulla qualità dell'assistenza in 60 Case di cura accreditate, 10 ospedali,...
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Nel dettaglio rispetto ad una percentuale media italiana di 9,19 di mortalità a 30 giorni dopo un infarto acuto in Campania su 48 strutture solo 15 sono sotto soglia e, fatta eccezione per il Vecchio Pellegrini che con 2,7% su 148 interventi dà il miglior risultato insieme a Frattamaggiore (5,79 su 172) e Villa Betania (7% su 109) le altre strutture in cima alla classifica sono tutte periferiche o strutture accreditate (Fatebenefratelli, Pineta Grande, Villa Dei Fiori di Acerra che hanno il pronto soccorso come le strutture pubbliche). I Grandi ospedali con i grandi numeri sono indietro o a metà classifica come il Monaldi, il Cardarelli, il Loreto Mare, il Rummo di Benevento e il San Sebastiano di Caserta. Male anche l'ospedale di Salerno che pure su valvuloplastiche e by pass ha ottimi risultati. «Segno che qualcosa non funziona – spiega Antonio De Falco della Cimo (sindacato ospedalieri) la rete dell'emergenza fa acqua e non è ancora calibrata su una scala razionale con centri di complessità crescente che assorbono il flusso di pazienti in base alla gravità del caso. E così il Piano ospedaliero manca. I numeri rimandano una fotografia incerta e disomogenea».
Il dato di sintesi generale è che la Campania, rispetto ai miglioramenti delle altre regioni, resta al palo anche se il programma nazionale esclude categoricamente l'utilizzazione dei risultati come una sorta di pagelle. Ma è anche indubbio che il Piano consente di farsi un'idea concreta di dove e come si viene assisti. Ad esempio è difficile giustificare la percentuale di 32,9% (grezzo di 24,19%) di mortalità a 30 giorni dopo un intervento di aneurisma dell'aorta addominale al San Giovanni Bosco laddove la media italiana è di 1,88 e tutte le altre strutture campane si posizionano massimo al 5,5 per cento (Monaldi) che pure si presuppone affronti i casi più complessi.
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Il Mattino