«Io vittima di revenge porn, costretta a lasciare Napoli»

«Video su TiikTok a mia insaputa, una vita distrutta ora ho capito cosa ha provato Tiziana Cantone»

Le immagini hot sul telefonino
Una manciata di secondi che le hanno cambiato la vita. Per quella manciata di secondi, ha dovuto rinunciare alla relazione con il proprio compagno, troncando di netto una storia...

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Una manciata di secondi che le hanno cambiato la vita. Per quella manciata di secondi, ha dovuto rinunciare alla relazione con il proprio compagno, troncando di netto una storia che - tra gli alti e bassi fisiologici di qualunque relazione - era legata al progetto di mettere su famiglia. Ha dovuto ammettere di aver commesso un errore, di aver tradito la fiducia del proprio uomo, prima di dirgli addio. Ma ciò che è peggio, ha dovuto scalare una montagna di fango: per giorni è stata sulla bocca di tutti, nella zona in cui viveva, additata come “quella del video” o “quella della palestra”, al punto tale da essere costretta a lasciare la propria abitazione, abbandonare Napoli e scappare al nord in cerca di anonimato. In pochi secondi, è stata travolta da una ondata di veleni, in uno scenario che oggi è al centro di un probabile processo penale. A raccontare la sua vicenda a Il Mattino è una giovane donna napoletana, indicata dalla Procura di Nola (pm Onte) come parte offesa di un’inchiesta per revenge porn, la gogna mediatica imposta dopo la diffusione di immagini intime registrate nel corso di un rapporto sessuale. Immagini in questo caso rubate (all’insaputa della stessa ragazza), trasmesse da un cellulare all’altro fino a finire su un canale social e ad essere riprodotte addirittura su TikTok. Un incubo, roba che ti cambia la vita. 


Le verifiche 


È di questi giorni infatti la decisione della Procura di Nola di indirizzare un avviso di chiusa inchiesta a carico di un uomo ritenuto responsabile della diffusione del video hot. Una vicenda che risale a due anni fa, che si sarebbe consumata all’interno di una palestra dell’area vesuviana, che all’epoca era frequentata dalla giovane donna. In sintesi, “Giada” (nome di fantasia) avrebbe consumato un rapporto sessuale con un istruttore atletico, un personal trainer, nella fascia oraria in cui la struttura non era ancora aperta al pubblico. Nulla di illecito, i due protagonisti di questa storia erano adulti e pienamente consenzienti. Si tratta di un flirt che si consuma intorno alle sei del mattino, in uno scenario che non lascia presagire alcun tipo di violenza o di risentimento reciproco. Eppure, nella vita di “Giada”, di lì a qualche ora si scatena l’inferno. Un incubo che viene raccontato a Il Mattino dalla stessa parte offesa, oggi che la Procura guidata da Marco Del Gaudio ha depositato gli atti in vista di una probabile richiesta di rinvio a giudizio del presunto responsabile della pubblicazione del video. Difesa dalla penalista napoletana Esther Lettieri, la donna fa una premessa: «Quello che ho subìto in questi anni non lo auguro a nessuno. Se ho deciso di raccontare la mia esperienza, alla luce della recente conclusione delle indagini è solo a tutela di quanti - specie tra i più giovani - rischiano di vedere distrutta la propria esistenza per la irresponsabilità di qualcuno. Oggi ho imparato sulla mia pelle cosa ha provato Tiziana Cantone, la donna suicida nel 2016 di fronte alla diffusione non autorizzata di video intimi. E se ho resistito alla tentazione di farla finita lo devo alla forza che mi ha dato la mia famiglia e il mio avvocato». Ad essere imputato oggi è l’uomo del video, il personal trainer indicato come responsabile della diffusione delle immagini. La scena dell’atto sessuale sarebbe stata acquisita dall’impianto della palestra per poi essere inoltrata a un ristretto gruppo di conoscenti. Ma torniamo al racconto della donna.

«Ero a casa mia, quando arriva il mio compagno, ormai ex. Mi parla del video, dice che l’ha riconosciuta. Mi parla della palestra, del tatuaggio che ho sulla gamba. In quelle ore il mio cellulare impazzisce. Messaggi, commenti, offese. Una lapidazione. Nel circuito delle mie e delle nostre conoscenze tutti sanno di quella storia in palestra. Come un virus passa di bocca in bocca, si accanisce sulla mia vita. Atroce. Al punto tale da vedermi costretta a lasciare la zona in cui vivo, ad allontanarmi da Napoli». Intanto, il vortice di fango è solo all’inizio. Due anni dopo, la Procura batte una pista, alla luce dell’avviso di chiusa inchiesta notificata all’indagato principale: diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, ai sensi dell’articolo 612 Ter che è stato introdotto proprio dopo il dramma di Tiziana Cantone. Ricordate la storia della 31enne di Mugnano? Si sarebbe uccisa di fronte all’ondata di fango provocata dalla diffusione di immagini destinate a circuiti privati. Spiega la penalista Lettieri: «Chi ha duplicato il video del rapporto in palestra lo ha fatto senza il permesso della mia assistita che certo ignorava che un flirt estemporaneo potesse essere registrato e divulgato». Un processo che ora attende la replica dell’indagato numero uno, che avrebbe favorito la divulgazione del video in un circuito di amici. Un gruppo cresciuto in modo esponenziale al punto tale da sconvolgere la vita di una donna costretta a cambiare vita e a lasciare i veleni della propria città.

 

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Il Mattino