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La donna aveva un utero fortemente emorragico, diventato grosso 20 centimetri e del peso di un chilo e mezzo. E alla diagnosi di tumore e all'obesità severa, si sono aggiunte una sindrome metabolica, una pregressa trombosi venosa profonda e una embolia polmonare bilaterale massiva. Un quadro pesante per Simona, che ha dovuto fare i conti anche con una sanità impreparata ad assisterla. Nel suo giro degli ospedali di mezza Italia, dove trovava il letto non trovava la tecnologia, dove c'erano entrambi non c'era la disponibilità dei medici a correre il rischio di effettuare un intervento su un paziente tanto obeso e con tante comorbosità. L'unica porta che Simona ha trovato aperta è stata quella dell'équipe chirurgica di Vito Chiantera dell'Istituto dei tumori di Napoli.
Per operare il team del Pascale ha dovuto fare ricorso a speciali sistemi di supporto e di lavoro. C'è voluta quasi un'ora per posizionare la donna sul letto operatorio, letto ovviamente non conforme al suo peso e che ha necessitato quindi di supporti speciali. L'équipe insieme al robot da Vinci ha asportato l'utero di 20 centimetri e del peso di oltre un chilo, oltre alle ovaie, intervento ritenuto dalle altre strutture non fattibile. Come unica terapia le era stata proposta la radio, che avrebbe tenuto sotto controllo il tumore, ma non debellato. «Siamo innanzitutto felici - commenta il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi - che la paziente abbia potuto risolvere il suo problema di salute, e di aver potuto contribuire a questo, come Istituto e come équipe.
Il Mattino