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È iniziata anche in Campania la campagna di scouting e reclutamento di amministratori e militanti che vorranno aderire al movimento Italexit, guidato dal giornalista e senatore indipendente Gianluigi Paragone, espulso dal Movimento 5 Stelle nel 2020. L’occasione per presentare due new entry tra gli amministratori locali - i consiglieri comunali Francesco Lampitelli di Marcianise, ex Cinque Stelle anche lui, e Nicola Cascone di Scafati - è un’assemblea al Ranch Palace Hotel ai Camaldoli. Circa una quarantina le persone presenti tra militanti, simpatizzanti e semplici curiosi delusi da esperienze passate in altri partiti. Assente per un imprevisto Giuseppe Andreone, eletto del comune di Sant’Andrea di Conza. Il primo appuntamento sarà quello delle prossime amministrative, con gli italexiters che si candideranno probabilmente in liste civiche senza presentare il proprio simbolo.
Tra gli obiettivi di Paragone c’è quello di risucchiare tutto il consenso elettorale perduto negli ultimi anni dalla Lega ma soprattutto dal Movimento 5 Stelle: «La prima prospettiva – afferma fiducioso - è quella di agganciare tutte le persone che si erano fidate del Movimento 5 Stelle e della Lega, e che da questi due partiti sono stati abbondantemente traditi. Bisogna riprendere in mano la speranza che generavano e parlare di lavoro. Non esiste parola più centrale del lavoro. Un lavoro che subisce il ricatto della presentazione di un green pass». «Fico e Di Maio – rassicura i presenti – si renderanno conto che Napoli non è più il loro feudo». Quando gli si chiede se stringerà alleanze, l’ex conduttore di programmi d’approfondimento giornalistico per Rai e la7 risponde con un secco no, lasciando però una porticina aperta a chi non ha sostenuto il governo Draghi (Meloni? Di Battista?): «Nessuna alleanza con chi ha appoggiato il governo di Mario Draghi.
Qualcuno gli ricorda che anche i primi attivisti grillini, poi catapultati in Parlamento, partirono con i medesimi toni incendiari per poi diventare pompieri, ma Paragone taglia corto sul confronto: «Resto un conservatore. Il partito non è mio, sta anche a voi vigilare sulla coerenza delle posizioni». Quindi, gli imprenditori «non facciano affidamento sul Pnrr» in quanto «sono soldi che non arriveranno mai poiché si bloccheranno quando saranno fatte le istruttorie sullo stato di avanzamento dei lavori e dei progetti». Niente, quest’Unione Europea, nonostante la discussione in corso sulla riforma del Fiscal Compact, ovvero le stringenti regole sul bilancio degli Stati comunitari, al leader di Italexit non piace proprio. Che per Sud Italia propone la sua ricetta: «Il divario non è più tra Nord e Sud, ma tra chi ha e chi non ha. Tra piccole imprese e multinazionali. Tra chi crede nel Mediterraneo e chi non ci crede. Adesso dobbiamo pensare a come colmare questi divari. Il tema del Mezzogiorno resta sempre lo stesso. Mentre tutti gli altri hanno corso, chi ha impedito al Sud di correre? I progetti restano gli stessi: una centralità infrastrutturale, lo potevamo dire già dieci anni fa. E lo diremo anche tra un anno se nessuno dedicherà investimenti, passione e attenzione politica. Riconsegniamo al Sud le sue potenzialità».
Non è mancato un passaggio sulla guerra in Ucraina su cui auspica un atteggiamento più morbido nei confronti dell’aggressore russo considerando la forte dipendenza energetica dal gas di Mosca: «Non esiste la possibilità di promuovere la pace se consegni delle armi ad una delle due parti e poi per di più non possiamo nemmeno pensare che rompere con la Russia e rompere con Putin, con il quale mi sembra che tutte le parti politiche avessero avuto delle interlocuzioni, possa provocare un mezzo collasso all’economia italiana. Bisogna stare attenti - conclude - quando non si ha la forza di promuoversi come una parte che vuole entrare in una dinamica di conflitto. E invece, avremmo avuto molta più forza se ci fossimo proposti come un’anima di diplomazia e di mediazione».
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