«Il Caravaggio non va spostato»: 100 firme contro il ministro Bonisoli

«Il Caravaggio non va spostato»: 100 firme contro il ministro Bonisoli
C'è anche Daniel Pennac tra i firmatari della petizione per Bellenger, direttore del museo di Capodimonte, da giorni al centro del dibattito dopo che il Mibac ha negato...

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C'è anche Daniel Pennac tra i firmatari della petizione per Bellenger, direttore del museo di Capodimonte, da giorni al centro del dibattito dopo che il Mibac ha negato il prestito di Sette opere della Misericordia per la mostra che il manager francese ha ideato. La polemica sul Caravaggio negato non si placa: «L'attuale politica culturale del Museo di Capodimonte - si legge nel testo dell'appello - esprime a nostro avviso la più alta funzione dei beni culturali, superando la falsa contrapposizione tra tutela e valorizzazione». Più di cento le adesioni. Con nomi, italiani e stranieri, molto prestigiosi. A partire dallo scrittore francese, padre della saga di Malaussène, che a inizio mese è stato in visita a una mostra dello stesso Caravaggio a Messina e se ne è detto «estasiato». A Pennac si affiancano Roberto De Simone, musicista e compositore, e Mimmo Iodice, fotografo di fama internazionale; l'archeologo e presidente del Fai Andrea Carandini e Natalino Irti, accademico dei Lincei e presidente dell'Istituto di Studi storici. Qualcosa la dice, sull'eterogeneità delle firme, la presenza dell'avvocato Franzo Grande Stevens come quella dello showman Renzo Arbore, e ancora il dirigente Unesco Francesco Bandarin e i sacerdoti Antonio Loffredo e Gennaro Matino, oltre agli imprenditori Carlo e Remo De Feo e Maurizio Marinella, con diverse adesioni dall'estero: dall'artista David Tremlett a Eugenio Bolongaro, direttore del dipartimento di letteratura della Mc Gill University, più una notevole quota canadese, di Montreal, con Jean Pierre Primiani, direttore sviluppo del Teatro dell'Opera, Renè Rozon, fondatore del festival internazionale dei film d'arte, John Zeppetelli, direttore Museo d'Arte Contemporanea.

 

IL DISSENSO
Sottoscrivono, certo, un dissenso verso «alcuni interventi nel dibattito a proposito della autorizzazione al prestito delle Sette Opere della Misericordia». Ma anche tanto altro: «Noi pensiamo che la posizione di Bellenger vada sostenuta perché il suo impegno per Capodimonte è stato straordinario» dice l'architetto Gennaro Matacena, tra i promotori della petizione insieme a padre Loffredo e Eddy Colonnese, editore. Anche se preferirebbero non identificarsi in un comitato. «L'idea è nata da tutti e cento i firmatari - sostiene provocatoriamente Matacena - l'appello si è formato durante l'ultima settimana, anche prima dell'arrivo pacificatore del ministro Bonisoli in città». «Perché bisogna censurare preventivamente l'iniziativa di un altro?», si sono chiesti i firmatari. «Se c'è un direttore che vuole fare una mostra e l'altro museo, detentore del quadro, è d'accordo, farne una questione di principio è infondato», prosegue Matacena. «E costituisce un pericoloso precedente per il futuro: se ci fermassimo qui il Pio Monte potrebbe non prestare più il quadro. In generale non ci va che sopra le nostre teste passino dinamiche di potere che non possiamo, noi gente comune, controllare con il dissenso civile».
GLI OBIETTIVI

Tra i firmatari prevalgono i toni costruttivi. Marino Niola, antropologo e docente al Suor Orsola Benincasa: «Ho firmato questa petizione perché sono a favore della mobilità culturale che in questa città manca: la tutela non può coincidere con l'immobilismo. E poi per sostenere l'opera di figure come Bellenger che hanno avvicinato il patrimonio culturale alle persone, praticandone un'immagine meno polverosa» dice. Per Giuliano Volpe, presidente emerito del consiglio superiore dei beni culturali del Mibac, «resta l'amarezza per una scelta per un compromesso a cui si è arrivati: da un lato è ragionevole, dall'altro ha però avallato la trasformazione di un progetto culturale in una sorta di campo di battaglia». Elsa Evangelista è stata direttrice del Conservatorio di San Pietro a Majella: «Quando c'è una mostra è giusto che tutte le opere siano in un luogo. E poi quando una persona è valida non conta la nazionalità o il colore della pelle, solo il suo valore» dichiara. Domenico Ciruzzi, presidente del Premio Napoli, ha parlato dell'appello come un «invito alla collaborazione sinergica tra istituzioni perché nessuno si salva da solo. Lo dico rispettando il parere degli specialisti». Anche Cristina Donadio ha voluto firmare: «Più che sul Caravaggio ho voluto dare la mia adesione per difendere Bellenger e tutti i nominati dalla riforma Franceschini, nomi - per l'attrice - di alto prestigio».
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Il Mattino