Dopo l'euforia iniziale per l'annuncio dell’arrivo di Apple, Napoli torna con i piedi per terra. A spiegare le dimensioni del progetto è stato lo stesso...
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Il risultato? Non più seicento posti di lavoro, ma stagisti da formare e selezionare per poi farli lavorare in Apple, anche se non necessariamente a Napoli. Nicolais – docente universitario con un passato da assessore regionale alle Attività produttive in Campania e da ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica amministrazione – plaude comunque all'iniziativa: «Una scuola di formazione che possa poi avviare un gruppo di lavoro è la benvenuta a Napoli, caratterizzata da tanti brillanti laureati che spesso lasciano la città per poter lavorare. Questa è finalmente un'occasione per trattenerli qui». Non solo: «Potrà sollecitare altre imprese a insediarsi in città e crearne di nuove, le cosiddette start up, grazie alle idee dei giovani partenopei. Per risolvere la mancanza di posti di lavoro – aggiunge – da assessore ho sempre immaginato che la politica migliore sia proprio quella dell'attrazione degli investimenti».
Dal canto loro, le imprese napoletane assicurano che faranno la propria parte. «Un gruppo di imprenditori di aziende associate all'Unione degli industriali operanti nel digitale – ha già spiegato il presidente Ambrogio Prezioso – è pronto a cogliere l'iniziativa investendo risorse per lo sviluppo di App. L'auspicio è che la nuova struttura di Apple funga da catalizzatore di relazioni e pungolo per l'evoluzione tecnologica, favorendo contestualmente una crescita della dimensione media delle aziende del comparto». Se allora le aziende partenopee si dicono pronte a investire per creare lavoro, altrettanto non si può dire per la società a stelle e strisce se ha intenzione di mettere su solo una scuola di formazione.
«È troppo poco – ribadisce Nicolais –. Dobbiamo essere prudenti e non illudere i giovani. Meglio vedere prima il piano industriale». Ma di piano industriale non c’è al momento alcuna traccia, se non una dichiarazione d'intenti tra i più stretti collaboratori di Renzi e il capo del gruppo Usa. Risulta tra l'altro che né la Regione Campania né i piani alti di Apple Italia siano a conoscenza del progetto. Per il marchio della «Mela» in ogni caso è molto vantaggioso investire al Sud. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino