Duplice omicidio a Villa Ambrosio, lo stalliere: «Svelerò tutti i segreti»

Duplice omicidio a Villa Ambrosio, lo stalliere: «Svelerò tutti i segreti»
Marius ci riprova. Lui, lo stalliere di Villa Ambrosio, torna alla carica. Tre anni dopo aver spedito una lettera alla Procura di Napoli nella quale sosteneva una generica...

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Marius ci riprova. Lui, lo stalliere di Villa Ambrosio, torna alla carica. Tre anni dopo aver spedito una lettera alla Procura di Napoli nella quale sosteneva una generica volontà di collaborare con i pm, torna a prendere carta e penna. Questa volta però non scrive più dal carcere di Cuneo, dove ha scontato i primi otto anni della sua condanna all'ergastolo, ma da un carcere romeno, dove è stato tradotto di recente, lasciandosi alle spalle l'Italia e - almeno per il momento - l'orrore di Trentaremi, quella maledetta mattanza notturna a Posillipo.

 
È l'ultima novità del caso legato al duplice omicidio del manager del grano Franco Ambrosio e della moglie Giovanna Sacco, per mano di tre romeni poi condannati all'ergastolo in via definitiva.
Ricordate? Scene pulp, la notte tra il 15 e il 16 aprile del 2009, nella villa dell'ex imperatore del grano, alla Gaiola.
Tre assassini reo confessi, tre ergastoli definitivi, con una sentenza che chiuse rapidamente (troppo rapidamente?) il caso: i tre uccisero i due anziani coniugi per pochi spiccioli, bottino di pochi euro, forse alla ricerca di un tesoro che non c'era e che non poteva esserci in una villa finita da tempo al centro delle indagini per il crac Italgrani, con la presunta distrazione di 1200 miliardi di lire.

Caso chiuso? Decisamente sì, se non fosse per le stravaganze dell'ex stalliere-giardiniere, parliamo di Marius Vasile Acsiniei che due mesi fa è tornato a farsi vivo. In che modo? Ha scritto una lettera al suo avvocato Antonio Pagliano, da indirizzare alla Procura di Roma, provando a giocarsi la carta di una collaborazione con la giustizia decisamente ad effetto. Solo che questa volta, a differenza della lettera datata aprile 2016, Marius si è fatto più audace: chiede di pentirsi, ma offre qualche boccone in più agli inquirenti, a proposito del caso Ambrosio e di un altro delitto simile consumato a Roma, in zona Tiburtina nel 2008, quindi un anno prima i fatti di Posillipo. Scrive Marius, da un carcere di Galati: «Ho intenzione di collaborare con la giustizia italiana, sui fatti di illegalità come: omicidi, rapine, furti che sono stati commessi sul territorio italiano nel periodo 2008-2009 tra Napoli e Roma da una banda formata da rumeni ed italiani alla quale ho fatto anche io parte». Poi c'è una sorta di invito ad una trattativa con la giustizia italiana, destinato a suonare quanto meno improbabile: «Voglio svelarvi i nomi e i cognomi di autori, complici, consiglieri dell'omicidio della famiglia Ambrosio (in quest'ultima storia anche io sono stato condannato all'ergastolo assieme a Valentin Dimitru e Calin Petrica); poi voglio svelare i nomi di autori di un omicidio che è stato commesso a Roma, in via Tiburtina nel 2008, ed anche le prove necessarie per poter portare in carcere tutti i responsabili. Voglio svelarvi i nomi di tutta la banda che ha fatto questo e molto altro ancora, senza essere trovati, condannati, neanche sospettati».

Poi, rivolgendosi all'avvocato Pagliano, Marius chiede la libertà e una sistemazione in cambio delle sue dichiarazioni esplosive: «Accetterò di venire lì a deporre una testimonianza solo se al mio arrivo lì potrò avere accesso a internet, non sarò messo in carcere, mi offriranno un lavoro, potrò avere documenti».
Proposte velleitarie, oggettivamente difficili da essere prese in considerazione, se non fosse per un passaggio in particolare. Quello in cui Marius accenna al nome dei consiglieri, alludendo a una sorta di «mente» o di «mandante» del duplice delitto alla Gaiola. È il tema del «quarto uomo», del «consigliere», che pure ha fatto capolino nel corso delle indagini, sull'onda d'urto di una serie di intercettazioni telefoniche.
Ma facciamo un piccolo passo indietro, tanto per ritornare a quei giorni di metà aprile di dieci anni fa. Subito dopo il delitto, la voce di Marius viene captata dalla Mobile di Napoli mentre l'ex stalliere di casa Ambrosio parla con la madre in Romania, in un crescendo di esaltazione, euforia, ironia, sempre a proposito del «colpo» messo a segno a Posillipo. È in queste conversazioni che si fa riferimento alla figura di un «consigliere», ma anche di una donna mai identificata con cui i tre romeni sarebbero rimasti in contatto. E non è tutto. Sono sempre le intercettazioni telefoniche a svelare il tema di una «spada» di grosso valore, un oggetto che sarebbe stato trafugato dalla villa degli Ambrosio e che poteva valere fino a un milione di euro: «Mamma ho fatto il colpo... la spada... un milione di euro».


Parole per molti versi incomprensibili, che tengono in piedi però una sensazione forte: possibile che i tre assassini degli Ambrosio abbiano agito per conto di altri soggetti o in collegamento con una banda di complici decisamente più ampia? Una gang di romeni (magari legati a soggetti napoletani) che avrebbe agito anche in un'altra villa napoletana, ma che potrebbe essersi macchiata di altri delitti simili, non solo a Napoli. È in quest'ottica che Marius ha chiesto l'accesso a internet, probabilmente per mostrare - tramite i motori di ricerca delle fonti aperte - il profilo e le gesta dei propri complici: quelli che avrebbero rapinato e ucciso in chissà quante occasioni e che - per dirla con Marius - non sono mai stati sospettati: quelli a cui nessuno mai ha dato la caccia.
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Il Mattino