Uno che gioca d’anticipo, dice chi lo conosce da tempo. Uno che, a dispetto della condizioni di presunta instabilità mentale che gli hanno consentito anni fa di...
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Un provvedimento ricorribile per Cassazione - dicono gli esperti - che ha messo in moto comunque una strategia difensiva da parte di Cimmino. Stando ai bene informati, non vive più a casa, ha abbandonato il domicilio dove da qualche mese risiedeva assieme agli altri componenti della propria famiglia.
Una sorta di beffa servita in anticipo, all’insegna del basso profilo, quando ha capito che sul suo conto il vento stava cambiando e la possibilità di tornare in manette cominciava a diventare ipotesi reale. Ma proviamo a ripercorrere le tappe di una vicenda controversa, che ha visto la contrapposizione tra Procura e giudici in merito agli indizi raccolti negli ultimi due anni di indagine. Una contrapposizione fisiologica, alla base delle regole della giurisdizione, che è andata avanti per mesi: siamo in estate, quando il gip Dario Gallo firma gli arresti di Cimmino e di alcuni presunti esponenti del suo gruppo; poi al Riesame - in sessione feriale - arriva il colpo di scena, con i giudici che non ritengono sufficienti i gravi indizi di colpevolezza raccolti dalla Procura. Cimmino - che era stato applaudito e incoraggiato al momento dell’arresto - torna libero, per riprendere uno stile di vita all’insegna del basso profilo. La Procura non ci sta e va oltre.
Inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice e dal pm anticamorra Ivana Fulco, viene firmato un ricorso per Cassazione, al termine del quale l’ago della bilancia pende dalla parte degli inquirenti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino