Se le indagini archeometriche che inizieranno tra qualche settimana su quella tomba, ritrovata nel 1998 in una delle necropoli dell'area pestana, dovessero dare ragione a...
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La tomba, individuata come «delle Palmette» per la presenza ai quattro angoli della lastra di copertura di foglie di palma stilizzate e dipinte, venne ritrovata da Marina Cipriani, archeologa e direttrice del Museo di Paestum per un trentennio, in un settore della necropoli di Arcioni situata a nord-ovest di Poseidonia, appena fuori la cinta muraria. Essa rappresenta il documento più antico, sino a oggi rinvenuto, di una serie di tombe affrescate ma prive di scene figurate, che si collocano nel V secolo avanti Cristo, considerato che è stata datata al 490 500 avanti Cristo, circa. Questo significa che la sepoltura è certamente più antica del «Tuffatore» di quasi venti anni. «Ecco spiega l'archeologo a mio avviso la tomba delle palmette mostra che esisteva già una tradizione locale per la decorazione e dunque il Tuffatore non sarebbe più un caso isolato, un'opera realizzata su commissione di un etrusco che si fa fare una tomba decorata secondo le tradizioni della sua area d'origine, come voleva una scuola di pensiero. E nemmeno, come secondo altri studiosi, si tratta di un esempio della grande pittura greca. Più realisticamente possiamo parlare di una tradizione legata al territorio di Paestum».
Il sarcofago si presenta intonacato internamente. Sulle quattro lastre laterali, due fascioni sovrapposti, nero e rosso, lo decorano assieme a una cornice rossa, internamente vuota. I resti del defunto non poggiano sulla nuda terra ma su una lastra anch'essa stuccata di bianco. Il coperchio, lungo i bordi, ha una fascia nera ai cui angoli sono 4 palmette simili a quelle che si trovano nel «Tuffatore». La tomba, secondo Marina Cipriani, per un ventennio direttrice del Museo pestano, oltre a colmare un vuoto tra la «Tomba del Tuffatore» e le prime testimonianze di sepolture dipinte datate alla fine del V secolo, aveva anche un'altra particolarità: l'individuo sepolto era una donna e non aveva oggetti di corredo, come era costume tra i nobili dell'epoca. Sulla cassa, ritrovata ancora sigillata, benché forata in un punto (forse testimonianza di un tentativo fallito dei tombaroli che con lo «spillone», l'asta di ferro, avevano sondato il terreno), c'erano solo due lekythoi (contenitori di profumi) attiche a figure nere, una con scena di oplita (soldato di fanteria pesante) che si arma, e l'altra, mal conservata, ma con una sequenza di personaggi. Per Cipriani, la tomba è «Importante in quanto ha decorazione di grande qualità e finezza, anche se non raggiunge la bellezza del Tuffatore, ma soprattutto perché sta in uno spazio isolato rispetto a quello della necropoli e fa intravedere forme di articolazione sociale in cui certi personaggi adottano caratteri distintivi: colori e decorazioni, per le proprie sepolture». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino