Cosa è accaduto realmente nella notte maledetta tra il 16 e il 17 agosto? Qui al Loreto Mare ognuno ha la sua verità, tutti saprebbero dire cosa è successo,...
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Ospedale Loreto Mare, domenica mattina calda e densa di solitudine all’esterno, giornata frenetica e ricca di tensione all’interno. Entrano ispettori, scattano controlli e verifiche dietro le porte serrate degli studi, c’è un intenso parlottare nei corridoi: «Possiamo entrare? Sa, dopo quel che è successo vorremmo parlare con qualcuno», le guardie sono gentili ma ferme perché nell’ospedale non si entra semplicemente per parlare con qualcuno, almeno non in questa giornata difficile.
Il copione è lo stesso delle ultime (troppe) occasioni in cui l’ospedale napoletano è finito nella bufera: a fine febbraio per il blitz con quasi cento indagati per assenteismo, a marzo per la protesta che portò all’esplosione di una bomba carta nel piazzale del nosocomio. Quando c’è tensione i controlli diventano più serrati ed entra solo chi è conosciuto o ha un motivo valido per passare.
Così, prima di riuscire a varcare la soglia bisogna attendere l’orario delle visite ai degenti e mescolarsi alla modesta folla di parenti che va a dare conforto ai malati.
Solo dentro i corridoi del Loreto Mare si comprende realmente qual è l’aria che si respira. Questa volta non c’è la grande tempesta degli arresti per assenteismo che tiene compatti i lavoratori, oggi sul tavolo c’è una storiaccia di malasanità, con un povero ragazzo morto a 23 anni e la magistratura che deve capire cos’è accaduto realmente, sicché vengono fuori le fazioni che si schierano da una parte o dall’altra: chi ha sbagliato? Sul tavolo c’è una lettera denuncia del primario del Pronto Soccorso Alfredo Pietroluongo che fa riferimento a «comportamenti di irresponsabilità nei confronti del paziente» e che chiede alla direzione sanitaria di procedere con denunce presso le autorità competenti nel caso in cui «venisse ravvisata una condotta omissiva e pericolosa». Parole dure che lo stesso Rosario Lanzetta, dirigente responsabile dell’assistenza ospedaliera della Asl Napoli 1 definisce «una narrazione di parte. Andrà verificata la veridicità di quanto afferma».
E proprio su questo tema si scatena il «non detto» dei corridoi, quella lettera-denuncia viene letta, analizzata, chiosata con parole d’ogni genere, sostenuta o contrastata a seconda della «fazione» alla quale si appartiene.
Ci sono amici degli infermieri coinvolti che si scontrano sulla effettiva dinamica dei fatti: «Il mio amico aveva ragione a non voler partire in ambulanza senza le necessarie cautele e autorizzazioni», s’infiamma un’infermiera che, ovviamente, chiede l’anonimato e pretende che non venga nemmeno sfiorato il nome del suo «amico». Anche se il tema delle cautele e delle autorizzazioni, per quanto effettivamente valido e condivisibile, suona strano di fronte alla necessità di offrire cure adeguate a un giovane che sta lentamente morendo.
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Il Mattino