«Camorra, Maikol vittima innocente: lo Stato ha dimenticato i miei figli»

«Camorra, Maikol vittima innocente: lo Stato ha dimenticato i miei figli»
«Mio marito è stato ucciso a Forcella il 31 dicembre del 2015. Allora in quelle strade si sparava continuamente, ma lui, il mio Maikol, non c'entrava niente con...

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«Mio marito è stato ucciso a Forcella il 31 dicembre del 2015. Allora in quelle strade si sparava continuamente, ma lui, il mio Maikol, non c'entrava niente con quella che hanno chiamato la faida dei bambini. È una vittima innocente e quest'anno per ricordarlo è stato piantato un ulivo proprio dove lo ammazzarono. Ma io e i miei bambini non abbiamo ottenuto nessuno dei benefici previsti dalla legge. Perché, bisogna ammetterlo, ci sono vittime di serie A e vittime di serie B». Angela ha 29 anni e una vita difficilissima alle spalle. Lei e Maikol si erano conosciuti quando erano poco più che bambini, insieme avevano cercato di costruirsi un futuro bello ed onesta, poi i colpi di pistola si sono portati via i sogni e lei è rimasta da sola con due bambini da crescere. Ancora adesso, a quattro anni da quella serata maledetta, non riesce a ricordare l'ultimo giorno passato con il marito senza piangere. Se accetta di parlare del suo Maikol e di quello che è successo alla loro famiglia è solo perché ha due figli da crescere e una vita da mandare avanti. Che le piaccia o no deve vivere. E per farlo deve avere un tetto: «Da anni dormo nella cucina di casa di mia madre», spiega. Adesso la Fondazione L'Altra Napoli, sta cercando di darle una mano, ma il percorso resta in salita.


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«Avevo diciassette anni quando ho conosciuto Maikol, a venti anni già avevo un bambino e a 23 ne avevo due - racconta - lui per me e per i nostri figli aveva fatto di tutto, tranne che cose disoneste. Aveva studiato da pizzaiolo e aveva ottenuto un diploma. Era andato a lavorare in America e poi in Germania dove era stato assunto in una fabbrica di automobili: come operaio guadagnava più che come pizzaiolo. Io volevo raggiungerlo, ma lui non ce la faceva a stare lontano. Tornò a casa e cominciò a vendere i calzini per mandare avanti la famiglia». Una vita precaria come tante, ma felice. Fino al 31 dicembre del 2015. «Quel giorno mio marito era contento, aveva guadagnato bene. Venne a casa ad ora di pranzo, io ero pronta per avviarmi da mia madre e lui mi promise: Avviati, saluto gli amici e vengo. Non l'ho più visto in vita».
 
Maikol, uscito di casa, andò in piazza Calenda, arrivarono due uomini in motorino e gli spararono addosso, un delitto sul quale non è mai stata fatta luce. «Solo un pentito ha detto qualcosa sull'omicidio - racconta Angela ma i killer non hanno ancora un nome. Una cosa sola è certa: mio marito è una vittima innocente».

E alle vittime innocenti lo stato offre una serie di benefici. La «122» riconosce il diritto a un indennizzo e a un risarcimento ai familiari di chi è morto a causa del terrorismo, della mafia, nell'esercizio del proprio dovere, a chi denuncia racket e usura e ai testimoni di giustizia. Ai parenti delle vittime del dovere e della mafia, toccano un vitalizio (500 euro al mese) e 150mila euro a titolo di particolare elargizione. Per ottenerli bisogna ovviamente dimostrare di essere estraneo al delitto, ma anche di non avere parenti fino al quarto grado con precedenti penali. Per le vittime del terrorismo, invece, si arriva solo al secondo grado. E così ai familiari di chi viene ucciso dai clan basta avere un cugino sconosciuto con precedenti penali per perdere ogni diritto.

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E non solo: per ottenere gli aiuti dello Stato bisogna aspettare una sentenza passata in giudicato. Per Angela i soldi potrebbero arrivare, se mai arriveranno, quando i suoi figli saranno maggiorenni. E anche le borse di studio della fondazione Polis che pure sono state assegnate ai bambini, non sono state ancora materialmente erogate.


Una mano gliela ha tesa la fondazione L'Altra Napoli. Spiega il vice presidente Antonio Lucidi: «Ai figli di Maikol abbiamo offerto la possibilità di partecipare al progetto Una Vela per sperare. Adesso bisognerebbe trovare il modo per garantire loro una vita normale». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino