Manfredi, un polo riformista dopo la scissione di M5S

Manfredi, un polo riformista dopo la scissione di M5S
Un polo riformista che ha nel cuore il garofano rosso socialista e che guarda al Pd come punto di riferimento. Non che il sindaco Gaetano Manfredi senta - ad oggi è...

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Un polo riformista che ha nel cuore il garofano rosso socialista e che guarda al Pd come punto di riferimento. Non che il sindaco Gaetano Manfredi senta - ad oggi è così, tuttavia prima delle elezioni politiche lo scenario potrebbe cambiare - la necessità di avere una casa politica, ma la scissione del M5S da cui è nato Insieme per il futuro del ministro Luigi di Maio, ormai ex pentastellato, un po' lo ha scosso.

La scissione ha rotto equilibri anche nazionali che si erano trovati proprio a Napoli dove il campo largo - cioè l'alleanza tra dem e grillini - è stata sperimentata con successo e cementata intorno alla sua figura per le comunali che lo hanno portato poi a Palazzo San Giacomo. L'ex rettore è stato sempre considerato più vicino ai grillini - in particolare per il legame con Giuseppe Conte che lo ha voluto fortemente nel suo governo - che al Pd. La scissione sta cambiando molto il quadro e Manfredi, pur mantenendo una legittima prudenza, si sta muovendo. Non è un caso che il commissario regionale del Pd Francesco Boccia - parlamentare e responsabile per gli enti locali del partito - la sua prima uscita da commissario l'abbia fatta a Palazzo San Giacomo per incontrare il sindaco. «Per blindarlo» subito trapelò dal Pd, da cosa? Da eventuali pruriti dei dimaiani e di grillini reduci dalla scissione. Sono passati 9 giorni dalla visita di Boccia e quel giorno il parlamentare avvertì: «Mi auguro che il M5S e i dimaiani non scarichino su Comune e Regione le loro tensioni».


Pochi giorni fa il segretario dem Enrico Letta a Napoli ha definito il sindaco «un leader politico». In questo contesto è normale che la riflessione Manfredi la stia facendo: un po' perché ci crede e un po' perché il pressing degli alleati piddini affinché indichi una strada chiara dopo il terremoto che ha dimezzato i pentastellati è forte. Una riflessione che coinvolge tutto il mondo che ruota intorno a lui, una rete molto fitta che parte dall'università, la Federico II, e che spazia dal mondo imprenditoriale a quello delle professioni. La caratteristica della rete dell'ex rettore è che è come lui fortemente radicata nel centrosinistra. E sul lato dem questo vogliono sentirlo dire con forza. Il riposizionamento di Manfredi è necessario e deve concretizzarsi in vista delle politiche: resta la casa del campo largo, da qui si deve ripartire - per i dem e gli alleati del centrosinistra - per battere «le destre» come hanno detto a Napoli Boccia e Letta.

Allora i dubbi da dove vengono? Dalla scissone. Conte sul campo largo non sembra essere più convinto, anzi non lo è mai stato. Il Pd ancora di più alla luce di quello che sta accadendo a Palazzo Chigi. Inoltre Di Maio è tornato alle origini, fa il centrista convinto e, se deve guardare da qualche parte, il Pd non sembra essere la prima opzione. La bussola politica a Napoli e per il sud in vista delle elezioni per il Pd e il resto della truppa del centrosinistra dovrebbe essere Manfredi. La prima chiacchierata fatta con Boccia ha avuto al centro della discussione anche queste tematiche. Manfredi sarà osservatore partecipante nella formazione delle liste. Alcuni suoi assessori potrebbero essere candidati e a Napoli si dovrebbero candidare big del Pd quindi serve l'impegno dell'ex rettore.



Il sindaco - è bene chiarirlo - non vuole fare un suo partito, gli basta per ora la lista che siede nei banchi del Consiglio comunale. Tuttavia, proprio nell'Assemblea cittadina siedono diversi ex del Psi, alcuni sono stati ingaggiati da Manfredi e sono tra i suoi più stretti collaboratori e nella Sala dei Baroni - che ha ritrovato la sua centralità - più di uno sta lavorando per costituire un'area riformista, socialista e che sia saldamente nel centrosinistra con Manfredi punto di riferimento. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino