Medici, a Napoli botte e minacce in corsia: «L'ultima aggressione? Pc scaraventato addosso»

Il racconto di quattro camici bianchi

Medici a Napoli
Continua inarrestabile la sequenza di aggressioni e violenze a danno dei camici bianchi con un nuovo episodio ieri, all'ospedale del Mare, anche in occasione della giornata...

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Continua inarrestabile la sequenza di aggressioni e violenze a danno dei camici bianchi con un nuovo episodio ieri, all'ospedale del Mare, anche in occasione della giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari. Giornata in cui l'Ordine dei medici di Napoli ha deciso di chiamare a raccolta iscritti, cittadini, istituzioni e i ragazzi delle scuole per un'occasione di confronto, testimonianza e formazione.


«In gioco ha detto il presidente Bruno Zuccarelli - ci sono livelli essenziali di civiltà senza i quali l'assistenza diventerà sempre più difficile e la fuga dei colleghi dalle prime linee inarrestabile. Parliamo di una violenza generalizzata ha aggiunto - che permea strati profondi della società, espressione di un degrado civile che supera il livello di guardia. Siamo in pochi è vero, la Sanità in tutta Europa soffre di un allarmante definanziamento che in Italia è ancora più acuto ma il dato di fondo è la perdita del rapporto civile tra chi si prende cura e chi viene curato. Servono leggi severe ma anche un processo di educazione che parta dai giovani e dalle scuole».

Così, all'auditorio dell'Ordine alla Riviera di Chiaia sono arrivati gli studenti di cinque licei, il convitto Nazionale Vittorio Emanuele, l'istituto tecnico Fermi e i licei Pansini, Genovesi e Vico. Nella sala gremita è stato proiettato il video della sparatoria in pronto soccorso al Pellegrini nel 2019, quando le pallottole ad altezza d'uomo si conficcarono nella mura del presidio della Pignasecca che solo per miracolo non fecero vittime innocenti. In sala anche Ettore Acerra, direttore dell'Ufficio scolastico regionale, la vice presidente del Senato Maria Domenica Castellone e Stefania Roda, capo di gabinetto della prefettura.



A far toccare con mano ai giovani le conseguenze della violenza subita durante un turno di lavoro le testimonianze di tre medici e un medico di famiglia. «La prima aggressione l'ho subita quando avevo 39 anni. Ero al pronto soccorso e mi trovai coinvolta in una rissa tra i familiari di un paziente deceduto e la polizia. Un collega anziano mi si parò davanti per proteggermi ma qualcuno mi scagliò contro un monitor di computer. Ricordo lo sgomento e la paura». A parlare è Maria Carmela Corbisiero, chirurgo del Pellegrini: «Più di recente sono stata presa a pugni sulla nuca dal figlio di una paziente che avevo visitato perché, a suo dire, procedevo troppo lentamente. Lo denunciai».
Oggi proprio all'ospedale della Pignasecca, teatro di ripetuti episodi di violenza, è tornato il drappello di polizia ma non di notte dopo l'una. La memoria di Raffaella De Franchis pediatra di famiglia va a due rapine subite anni fa a Giugliano: «Mi puntarono una pistola alla tempia. Erano in due. Non lo dimenticherò mai. Lasciai tutto e aprii lo studio a Napoli. Ancora oggi pago le conseguenze di quel trauma».

È la volta di Alfredo Scarpa, medico di famiglia con studio a via Foria: «Un giovane paziente lavorava alle Poste al Nord. Più volte mi aveva chiesto un certificato per il mal di schiena. Dopo alcuni esami mi rifiutai. Mi minacciò e scaraventò addosso il Pc. Intervenne lo zio che conoscevo, una persona perbene. Alcuni giorni dopo il nipote venne sotto casa al citofono per minacciarmi».

Vissuti carichi di ansie e preoccupazioni: recentissimo l'episodio raccontato da Ornella Laghezza medico del 118: «Mentre curavo una donna a casa per un malore il marito tirò fuori la pistola. Mi sussurrò che se fosse successo qualcosa alla moglie L'autista capì tutto e allertò le forze dell'ordine. Ritengo che la legge attuale non sia sufficiente a tutelarci e nemmeno la polizia che non può essere ovunque. Serve la qualifica di pubblico ufficiale».
Ancora molto controversa è la questione che riguarda il riconoscimento dello status di pubblico ufficiale per i medici in servizio. Per la vicepresidente del Senato, Maria Domenica Castellone, prima firmataria della legge che ha inasprito le pene «il riconoscimento di pubblico ufficiale prevede per i medici, oltre alle tutele, anche diversi oneri». Sono in effetti 1.600 in Italia gli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari ogni anno, come risulta dalle richieste di risarcimento per infortunio sul lavoro all'Inail, più del 10 per cento in Campania.

«La violenza sui medici è una piaga, un problema tanto presente da rischiare di compromettere la salute degli stessi cittadini ha sottolineato Castellone ma l'organizzazione sanitaria è carente in uomini mezzi e questo acuisce i disservizi ed espone di più il personale». Il grido dei medici è «io non ce la faccio più». «Ogni giorno sette colleghi ha concluso Zuccarelli si dimettono e vanno via, spesso nel privato o all'estero. Un medico che ha paura non può lavorare al meglio. I cittadini dovrebbero capire che in queste condizioni è a rischio la salute degli stessi assistiti».

Zuccarelli chiede che nei pronto soccorso sia garantita la sicurezza come nei tribunali o negli aeroporti. «Gli atti di pochi che hanno atteggiamenti camorristici li paghano tutti». Tanti i messaggi ai giovani. Ettore Acerra: «La violenza non può essere accettata come normalità».

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Il Mattino