META - Violenza sessuale aggravata dalla somministrazione di sostanze stupefacenti: ecco l'ipotesi formulata dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata a carico di...
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I fatti accaddero durante l'ultima sera di permanenza della donna nell'hotel, quando due dei cinque arrestati, barman in servizio presso la struttura alberghiera, offrivano alla donna 50enne e a sua figlia un drink contenente la «droga da stupro». Le attenzioni venivano, quindi, concentrate sulla sola cinquantenne, che veniva condotta nell'adiacente locale piscina, dove entrambi i barman abusavano di lei. Consumata la prima violenza la donna veniva data in consegna a un altro dipendente dell'hotel che la conduceva all'interno di una stanza alloggio del personale, dove ad attenderla vi era un numero imprecisato di uomini - almeno una decina - molti dei quali nudi, che a turno usavano violenza sessuale su di lei. La donna veniva anche fotografata e ripresa dal branco con i telefonini. Ultimata la violenza di gruppo, uno di loro poi la riaccompagnava al piano della stanza.
Rientrata in Gran Bretagna la donna denunciava l'accaduto alla polizia del Kent: qui veniva sottoposta al prelievo di campioni biologici e ad accertamenti medico legali, durante i quali i sanitari britannici rilevavano lividi ed ecchimosi su tutto il corpo della donna. È stato possibile pervenire all'identificazione solo di alcuni dei componenti del gruppo, tutti dipendenti dell'hotel, prima attraverso l'esame dei dispositivi sequestrati al personale maschile in servizio presso la struttura, da cui è emersa una chat chiamata «Cattive abitudini», dove gli autori dello stupro commentavano l'accaduto, nonché altri scambi di messaggi contenenti anche le foto della donna durante la violenza; il rilevamento della presenza del Dna degli indagati sul corpo della vittima ed in particolare sulle aree interessate dalla violenza; la foto dei due barman scattata dalla cittadina britannica con il proprio telefonino; la presenza di un tatuaggio a forma di corona sul collo di uno degli autori dello stupro, così come descritto dalla vittima.
L'esame tossicologico sui campioni biologici della donna (urina e capelli) ha inoltre fatto emergere la somministrazione - nel periodo temporale coincidente con il denunciato stupro - di sostanze appartenenti alle classi farmacologiche meglio conosciute come «droga da stupro» in grado di alterare la capacità di autodeterminazione della vittima e la sua capacità di reazione. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino