Pestato dai bulli a 13 anni «Mi hanno chiesto l'accendino poi giù calci, pugni e spintoni»

Pestato dai bulli a 13 anni «Mi hanno chiesto l'accendino poi giù calci, pugni e spintoni»
MUGNANO. Dietro quei lividi e quei graffi, ancora freschi, c'è un ragazzino vispo, curioso, dalla parlantina sciolta. Fabio non ha alcuna difficoltà a raccontare...

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MUGNANO. Dietro quei lividi e quei graffi, ancora freschi, c'è un ragazzino vispo, curioso, dalla parlantina sciolta. Fabio non ha alcuna difficoltà a raccontare quello che gli è accaduto l'altro pomeriggio, quando in via Cesare Pavese un gruppo di coetanei lo ha prima deriso e poi malmenato. «Ero in insieme con un mio compagno di scuola - racconta il 13enne - eravamo appena usciti dal barbiere e cercavamo una tabaccheria per effettuare una ricarica telefonica. Ero nei pressi di un supermercato quando sono stato avvicinato da cinque ragazzini. Alcuni li ho subito riconosciuti, perché frequentano la mia stessa scuola. Con loro c'era anche un bambino, credo avesse non più di nove-dieci anni. Si sono avvicinati con una scusa: mi hanno chiesto se avevo un accendino. Ho risposto che non fumavo».

 
Prima qualche sfottò, spintoni, l'invito a reagire alle provocazioni, poi sono partiti i calci e i pugni. «Il più piccolo della comitiva istigava gli altri a colpirmi - racconta ancora Fabio - io sono rimasto lì, immobile, ho preferito non scappare. Ho creduto che, se avessi provato ad andar via, sarebbe stato anche peggio. L'amico che mi accompagnava era terrorizzato. Due dei cinque che ci avevano accerchiati si sono messi in disparte ad osservare la scena. Gli altri, invece, continuavano a colpirmi. Lo hanno fatto per molti secondi, fino a quando non sono caduto a terra. Ricordo ancora le loro ultime parole: ora te ne puoi andare».
 
Fabio è un ragazzo estremamente educato, dai modi gentili. Sembra molto più maturo della sua età e, forse proprio per il suo modo di fare, è finito nelle grinfie dei bulli di turno. Papà Salvatore, responsabile commerciale di un'azienda, non ha esitato a denunciare quanto era accaduto al figlio. Non solo ai carabinieri della stazione di Mugnano, ma anche sui social network. Il suo post, con tanto di foto con il volto tumefatto di Fabio, è stato condiviso da quasi 30mila persone.

«Ho ritenuto fosse giusto farlo e non me ne pento - spiega il padre di Fabio - Io non ho paura e ho estrema fiducia nelle forze dell'ordine. Certo, temo per l'incolumità di mio figlio, ma allo stesso tempo voglio insegnare a Fabio che le ingiustizie e i soprusi, ma soprattutto le violenze, vanno denunciate senza indugio. L'omertà non è la soluzione dei problemi. Ho pubblicato quell'immagine per suscitare sdegno. Forse un semplice post senza la foto non avrebbe avuto la stessa risonanza. Volevo accendere un faro su un problema sociale. Timore di esporre mio figlio ad altri rischi? Certo che no: chi lo ha pestato già lo conosce».

Di avvisaglie e minacce non c'erano mai state: Fabio, almeno fino all'altro giorno, non aveva mai subito alcun atto di bullismo. «A scuola è sempre stato tutto tranquillo - aggiunge il 13enne - nessuno mi ha mai insultato o picchiato. Di bullismo e violenza se ne parla anche in classe. Su questo fenomeno ci sono stati anche incontri con i carabinieri. Sono venuti a scuola per un'apposita lezione sul tema».

Fabio, ora, ha voglia di lasciarsi questa brutta esperienza alle spalle. Domani partirà, insieme con i suoi compagni di classe, per la tradizionale gita del terzo anno. Destinazione: Sicilia. «Andremo a Catania, a Taormina e ai Giardini Naxos, non vedo l'ora di partire. Sono già stato in quei posti con i miei genitori, ma sono contento di tornarci con i miei compagni di scuola. Sento ancora dolore, è vero, ma il peggio è passato. Ora ho voglia di dimenticare tutto e continuare a fare le cose che ho sempre fatto».


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