Lo Stato percepito «come un nemico, come un clan rivale». Assenza assoluta di «pietas», neppure in un momento come quello attraversato da una nazione in...
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Inchiesta condotta dai pm Antonella Fratello, Urbano Mozzillo e Enrica Parascandolo, che culmina negli arresti bis di Giovanni Grasso, 23 anni detto Ivan, che - lo scorso 9 marzo - era stato arrestato dai carabinieri per gli spari contro la Pastrengo, assieme al suo presunto complice Vincenzo Sammarco (per il quale non è emerso al momento il coinvolgimento nella devastazione dell'ospedale); ma a finire in cella sono anche i genitori di Giovanni «Ivan», vale a dire Salvatore Grasso e Maria Pia Russo (zia del 15enne arrestato); in manette anche Gennaro Mancini (classe 1972), Michele Incoronato, Salvatore Mazzocchi, Lucia Palumbo. Per tutti l'accusa è di aver agito come metodi e strategia criminale, secondo quanto emerge dall'ordine di arresto firmato da gip Nicoletta Campanaro; mentre finiscono ai domiciliari M.D.L. (classe 2003) e F.P.D.G., raggiunti dalla misura cautelare del pm dei minori Paola Brunese.
Decisive le indagini della squadra mobile oggi guidata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini, legate all'analisi delle immagini ricavate dalla videosorveglianza esterna al Pronto soccorso, ma anche dal video fatto da un operatore della security nella fase iniziale degli scontri. Ha acceso la videocamera del cellulare e ha catturato volti, ruoli, parole di odio, poi confrontate con le immagini dei profili social. Quando dalla rianimazione è giunta la notizia del decesso, la reazione è stata rabbiosa: contro computer, scrivanie, materiale sanitario. Si sente un urlo contro i primi due agenti di polizia giunti sul posto: «Pensate che solo voi avete le pistole? Ce le abbiamo anche noi...». Poi tocca a Maria Pia Russo aizzare i più giovani: «Che ci fanno? Non possono farci niente. Avranno anche le nostre immagini, ma non possono farci niente». Volano idranti, estintori, una sedia a rotelle viene sbattuta con forza contro l'auto della polizia, mentre la rabbia costringe medici e infermieri a rintanarsi - assieme ai malati - in un'altra area dell'ospedale. Agli atti ci sono le testimonianze sofferte di medici e infermieri. Dice un operatore sanitario: «Lavoro negli ospedali da tanti anni, mai prima d'ora ho visto scene del genere, che mi hanno provocato traumi psicologici. Pensavo di aver visto tutto, dopo questa sera mi sono ricreduto». Stess e attacchi di panico anche per una infermiera, che ha provato a proteggere il pronto soccorso, presidio decisivo per un intero spaccato popolare: «Da quella notte sono rimasta traumatizzata». Difesi - tra gli altri - dai penalisti Giuseppe De Gregorio, Tiziana De Masi e Francesco Esposito - ora gli indagati potranno replicare alle accuse, nel corso degli interrogatori di garanzia, oltre a puntare su una probabile richiesta di scarcerazione al Riesame. Resta il quadro tracciato dal gip dei minori, di una Nazione in ginocchio e di un gruppo di cento persone che devastano un ospedale, provocando danni e paura come in una faida di camorra. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino