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Ci sperava e ci credeva il sindaco Gaetano Manfredi nel ritorno di Mia Filippone, ci sperava soprattutto per il legame umano - molto antico e forte - tra loro. Ci sperava però anche per il suo profilo politico, un classico tecnico di area di centrosinistra senza tessera di partito. Invece, la prematura dipartita della Filippone scombussola gli equilibri che devono essere messi a posto. Non subito, è probabile che se ne parlerà a settembre. Probabile, ma non certo perché al netto della scomparsa della vicesindaca, nella capitale del campo largo cioè dell'alleanza tra Pd e M5S la stessa alleanza è a rischio. Gli scenari futuri della giunta e della stessa maggioranza che sostiene Manfredi passano per Roma, e più specificamente sulla tenuta del governo guidato da Mario Draghi. La sostanza è questa: se il M5S esce e non ricuce con il premier, le possibilità che saltino le alleanze con i dem sono molto alte e allora a Napoli si aprirebbero scenari completamente diversi da quelli attuali. Per capire bene la tensione quanto è alta basta leggere quello che scrive Manfredi commentando la lettera che i sindaci hanno scritto al premier invitandolo a resistere.
«Condivido lo spirito della lettera sottoscritta dai colleghi sindaci. Napoli, le città, l'Italia hanno bisogno di un governo stabile e nel pieno delle sue funzioni operative. Mi auguro che Mario Draghi possa continuare a essere presidente del Consiglio. È il tempo della saggezza, non delle battaglie elettorali» le parole di Manfredi. E chi sta facendo la battaglia elettorale è Giuseppe Conte capo dei pentastellati al quale il voto anticipato servirebbe come il pane, anzi come ultimo tentativo per recuperare consensi, insomma un ritorno al grillismo, all'uno vale uno per dare una scossa all'elettorato duro e puro del Movimento.
Un monito - quello di Manfredi - molto esplicito. In giunta i 5S hanno 2 assessori - Luca Trapanese ed Emanuela Ferrante - e solo 3 consiglieri comunali. Fino a prima della scissone erano 6 gli eletti del popolo, oggi sotto la bandiera del Movimento ci sono solo il capogruppo Ciro Borriello, Salvatore Flocco e Claudio Cecere.
In questa cornice come potrebbe reggere la maggioranza Manfredi e la sua squadra? A Napoli, con i dimaiani dentro la maggioranza, il sindaco non avrebbe problemi di numeri per mantenere l'Aula. Ma dovrebbe cambiare la giunta dando agli uomini di Di Maio - che a prescindere dalle vicende romane - a settembre andranno alla carica per avere riconoscibilità anche in giunta. La sostanza è che fino a mercoledì quando Draghi ritornerà alla carica niente si muoverà. Un eventuale dopo Draghi sarebbe molto problematico per Manfredi. Intanto, con ogni probabilità, la caduta del Governo porterebbe il Pd a essere il partito dal quale il sindaco dovrebbe pescare la figura del vicesindaco, sarebbe ancora di più il partito di maggioranza relativa. Poi accontentare i dimaiani e rimettere a punto l'alleanza con la sinistra. La contromossa di Manfredi per riequilibrare la maggioranza potrebbe essere la costruzione di quel polo riformista in Consiglio comunale al quale sta pensando da un po' di tempo, a partire dal suo gruppo, quello che porta il suo nome, composto da 5 consiglieri il secondo per grandezza della maggioranza.
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