A scuola con il coltello e la rabbia in corpo. Corre veloce il tempo, in certi quartieri di Napoli, e si fa presto a sentirsi grandi quando un disagio profondo dà fuoco ai...
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Ad affrontarsi sono due ragazzini di soli 15 e 14 anni: il primo ha l'aria minuta, l'altro - sebbene di pochi mesi più giovane - robusto e dai modi chiaramente più decisi. I due - M.E. e G.A. - si conoscono bene, frequentano entrambi (ma in classi differenti) la terza media. Tra loro probabilmente non è mai corso buon sangue, ma stavolta a rinfocolare qualche vecchia ruggine ci si mette forse una ragazzina contesa. Un tempo a 14 anni si giocava magari ancora al Monopoli o alla Playstation: ma le cose sono cambiate e oggi c'è chi si diverte a fare il grande uscendo di casa con la molletta in tasca per dare un senso alle proprie insicurezze, per sentirsi forte. Stando alla ricostruzione fatta dalla polizia, che adesso indaga, il litigio esplode già nei corridoi della Confalonieri. Ci vuol poco a trasformare la scintilla in un fuoco. Una parola di troppo, un affronto che fa salire il sangue alla testa del 14enne che esplode nella sua minaccia: «Non finisce qua. Ci vediamo fuori...».
Sinistro presagio forse sottovalutato dalla vittima, e che invece si concretizza nell'aggressione all'esterno dei cancelli della scuola. I due lanciano a terra gli zainetti e cominciano ad affrontarsi. Colpi a mani nude, fino a quando non spunta la lama di un coltello: ad impugnarlo è il 14enne, che furiosamente inizia a menare fendenti contro il rivale. Almeno tre i colpi che vanno a segno, tutti all'altezza del torace. Il 15enne si accascia al suolo sotto gli occhi terrorizzati di decine di altri studenti, alcuni dei quali si lanciano coraggiosamente per separare i due contendenti. Qualcuno interviene a soccorrere M., che perde molto sangue: la chiazza ematica rimasta sul selciato di via San Biagio dei Librai resta ben visibile per tutto il pomeriggio, nonostante la pioggia. Poi la corsa al Loreto Mare: colpito due volte al polmone e a pochissima distanza dal cuore, oltre che allo stomaco, le sue condizioni sono gravi e i medici decidono di sottoporlo a un delicato intervento chirurgico. Fortunatamente viene dichiarato fuori pericolo di vita e nel pomeriggio di ieri trasferito al Monaldi. Nella calca determinata dalla lite l'aggressore riesce invece a far perdere le proprie tracce: ma tutti hanno visto e tutti sanno chi è. Gli agenti dell'Ufficio prevenzione generale diretto da Michele Spina con i colleghi del commissariato Decumani guidato da Francesca Fava impiegano pochissimo a identificarlo: si tratta di un minore che vive nella zona di via Tribunali, che in tanti ora definiscono un bullo e che - per gli investigatori - viene da una famiglia difficile. Subito dopo l'aggressione, tra gli stessi compagni di scuola c'è chi si affretta a dichiarare che G.A. è un tipo violento, uno che si è sempre atteggiato a guappo, dentro e fuori la scuola. Ma passeranno solo poche ore dal ferimento ed ecco ricomparire il 14enne. La sua fuga è durata poco più di tre ore. Accompagnato dai familiari si presenta spontaneamente negli uffici del commissariato Decumani. Qui viene identificato e ascoltato. Poco dopo verrà interrogato anche dal magistrato inquirente della Procura presso il Tribunale dei minori. «Mi dispiace, ho fatto una cavolata - dichiara al pm e ai poliziotti - Il coltello? Lo portavo sempre appresso perché avevo paura di essere aggredito».
Parole, le sue, che non bastano a convincere gli inquirenti e che non lo scagionano. Al termine dell'interrogatorio il sostituto procuratore del tribunale dei minori decide di fermare il ragazzino, che viene trasferito al centro di prima accoglienza dei Colli Aminei del Tribunale per i minori. È accusato di tentato omicidio. La polizia indaga anche su un'altra circostanza: subito dopo il fatto alcuni ragazzi e studenti - testimoni dell'accaduto - che conoscevano i due contendenti hanno riferito che l'aggressore da giorni avrebbe rivolto minacce al 15enne dicendogli: «Io ti ammazzo». Se questa versione trovasse conferma nei riscontri investigativi, la posizione di G.A. si aggraverebbe non poco. Ma torniamo al verbale dell'interrogatorio. Il 14enne è stato ascoltato per un'ora e mezzo negli uffici del commissariato Decumani. Qui G. ha spiegato il contesto in cui sarebbe maturata la lite sfociata poi nell'accoltellamento del suo compagno di scuola. Il ragazzino ha così delineato uno scenario torbido, opaco. Da settimane, e forse anche mesi, tra lui e la vittima non correva buon sangue. Litigi che con il passar del tempo si erano sedimentati lasciando - strato dopo strato - spazio a un desiderio di vendetta che andava ben oltre una semplice rivalità in amore. L'universo dei ragazzini cresciuti a volte con modelli sbagliati è, si sa, il peggior brodo di coltura che finisce per alimentare cattiveria e odio. «A un certo punto - ha dichiarato a verbale l'accoltellatore - per cercare di farci fare pace si erano messi di mezzo altri ragazzi, e per un po' le cose tra me e lui (la vittima, ndr) la situazione sembrava essere tornata nella normalità. Poi, però...». Poi, però - ha aggiunto - proprio la presenza di un altro gruppo di giovanissimi che a suo dire si sarebbero intromessi nelle questioni private dei due adolescenti lo avrebbe indotto ad avere paura. E a temere, forse, la peggio. Di qui la decisione di armarsi, e di andare a scuola con il coltello in tasca. La verità però è un'altra: ed è quella scritta nel finale amaro di questa storia. Ed è che adesso G.A. - vissuto forse anche in un contesto familiare non facile, e che di certo non lo ha aiutato a rifiutare la violenza - deve rispondere di tentato omicidio.
A soli 14 anni. Nelle prossime ore il minore verrà interrogato dal gip, che dovrà convalidare il fermo in arresto. Intanto si muove l'Ufficio scolastico regionale che oggi manda un ispettore nell'istituto comprensivo Teresa Confalonierì. «Voglio capire bene cosa è successo - dice la direttrice dell'Ufficio, Luisa Franzese - Sebbene il ferimento non sia avvenuto all'interno della scuola, tuttavia sembrerebbe che il ragazzo avesse già con sé l'arma. È necessario capire come intervenire per fare in modo che i ragazzi possano avere una maggiore consapevolezza di sé. Ma per poter intervenire dobbiamo capire prima il disagio che c'è». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino