Lo sfogo di Ciro Carezza: «Niente giustizia per mio figlio Christian, travolto e ucciso sul marciapiedi a Napoli»

Un anno fa l'incidente a Cavalleggeri, il padre del piccolo chiede una pena esemplare

Ciro Carezza con il figlio Christian
«Pretendo giustizia e rispetto per Christian». Ciro Carezza non ha mai smesso di fare appelli alle istituzioni per ricordare suo figlio, investito sul marciapiede...

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«Pretendo giustizia e rispetto per Christian». Ciro Carezza non ha mai smesso di fare appelli alle istituzioni per ricordare suo figlio, investito sul marciapiede sotto casa in via Ronchi dei Legionari, nel rione Cavalleggeri d’Aosta a Napoli.

È trascorso un anno dal 25 giugno del 2022 quando il piccolo venne travolto da un’auto mentre era mano nella mano con la madre e il fratello più grande ma «nulla è cambiato e la famiglia aspetta ancora una punizione esemplare» come racconta il 46enne napoletano a Il Mattino, per chiedere ancora una volta «giustizia». 

A chi rivolge il suo appello?
«Alle istituzioni e ai giudici che non possono considerare l’investimento di Christian come un normale incidente stradale. Chiediamo una pena esemplare per chi ci ha portato via per sempre un bimbo di tre anni che aveva tutta la vita davanti. Qui non si tratta di un incidente tra veicoli oppure di un investimento per strada perché Christian era sotto il balcone di casa, all’interno del marciapiede ed è stato ucciso, non investito. Per gli assassini ci vuole il carcere e per l’omicidio di mio figlio chiediamo una pena severa». 

Il procedimento giudiziario in corso, a che punto è? 
«Tra poco ci sarà la terza udienza preliminare e non sappiamo ancora nulla in merito al tipo di conseguenze che ci saranno per chi ha investito e ucciso mio figlio. Non ho ricevuto mai le scuse o una lettera da chi ha travolto con l’auto mio figlio. Temiamo che tutto possa risolversi con riduzioni di pena, messe alla prova o patteggiamenti che, a mio avviso, ridimensionano la gravità di ciò che è stato fatto perché mio figlio si trovava su un marciapiede. Inoltre, c’è da dire che, solo per un caso, mia moglie ed il fratello più grande di Christian non hanno perso la vita nell’impatto, ma sono stati solo feriti».

Cosa è stato accertato sulla dinamica dell’incidente?
«Alcuni aspetti della dinamica di quanto accaduto sono ancora da accertare in via definitiva. Per quanto mi riguarda, non riesco ancora a capacitarmi di come un’auto sia finita sopra il marciapiede investendo mia moglie e i due bambini. L’automobilista ha dichiarato di essersi voltato per salutare un amico dopodiché ha proceduto ad un sorpasso e ha perso il controllo del veicolo. Quel giorno sono finiti tutti e tre in ospedale. Nel giro di poche ore abbiamo perso Christian che non è sopravvissuto ai gravi traumi riportati».

A distanza di un anno, cosa è cambiato?
«Sotto il profilo della giustizia, nulla è cambiato a parte le proteste e le iniziative che con la mia famiglia portiamo avanti per chiedere una sentenza esemplare. Sulla strada dove è avvenuto l’investimento, sono stati allestiti dei dossi ed è stata installata la segnaletica stradale per evitare che possa ancora accadere quello che è successo a Christian. L’iniziativa di mettere in sicurezza quel pezzo di quartiere è stata di Antonio Muriano, il comandante della sezione Infortunistica della Polizia municipale di Napoli che ringrazio perchè è stato vicino alla mia famiglia e continua a supportarci».

Ha potuto contare sull’aiuto di qualcuno? 
«A parte i parenti più stretti non ho avuto molta attenzione da parte delle istituzioni. Posso contare sul deputato Francesco Borrelli che, fin dall’inizio, è stato al nostro fianco nell’organizzazione di sit-in e iniziative per aiutarci a chiedere giustizia e continua a essere presente con il suo supporto. Come dicevo, il comandante Muriano continua a contattarci e seguire le vicende della nostra famiglia. E, infine, abbiamo avuto la solidarietà di tutti i condomini del vicinato che hanno intitolato il parco a Christian e del posto dove andavamo sempre in vacanza, il villaggio Elea di Ascea Marina dove il direttore Fabio Carfora ha intitolato un bungalow a mio figlio. Anche la scuola dell’infanzia che frequentava, vorrebbe dedicargli un murales e, per la verità, ho una speranza».

Cosa spera? 


«Mio figlio non tornerà più e da quando l’ho perso, mi sento un morto vivente. Vado avanti per mia moglie e gli altri due figli, Denise di 15 anni e Giovanni di 12 anni. Siamo seguiti da uno psicologo ma le nostre vite sono cambiate per sempre. Il mio scopo è non far dimenticare Christian e far sì che il suo nome possa continuare a esistere anche quando non ci sarò. Per questo, quando ho incontrato la sorella di Gigi d’Alessio nel mio quartiere, poco tempo fa, le ho chiesto un regalo per mio figlio che non c’è più. Una canzone per Christian, per renderlo immortale anche se avrà per sempre solo tre anni». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino