«Dedicato alle comunità rom di Scampia e del mondo affinché non si sentano straniere in nessuna terra. Una frase incisa su una targa in memoria di Giuditta...
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«Sembrava necessario oggi riprendere quel discorso iniziato un anno fa – spiega Barbara Pierro, avvocato anima dell’associazionismo di Scampia - perché non possiamo abbassare la guardia contro le discriminazioni che subiscono i migranti e i rom presenti in tutta Italia e in particolare a Napoli e nella città metropolitana».
Ad un anno di distanza da quando il seme della quercia è stato piantato, le condizioni di vita delle comunità rom dell’intera città metropolitana non sono cambiate. Lo sgombero dei campi è sempre dietro l’angolo, e cresce l’emergenza minori, spesso costretti a separarsi dalla propria famiglia durante gli sgomberi forzati. «Queste comunità subiscono continuamente l'aggressione da parte delle istituzioni con ordini di sgombero, decreti di demolizione dei manufatti in cui vivono, senza che per loro venga prospettata alcuna alternativa – continua Barbara - senza considerare il radicamento territoriale che queste famiglie hanno costruito, con seconde generazioni di giovani nati in Italia, iscritti alle scuole superiori».
Laddove lo sgombero non è formalizzato, per gli operatori sociali di Scampia esiste quello definito «indotto»: è il caso della comunità che a seguito dell'incendio nel campo di Cupa Perillo, che interessò circa una 50ina di persone, poi ospitate nell’Auditorium, è adesso costretta a lasciare Scampia alla volta di Mondragone, dove con grande difficoltà cerca alloggi di fortuna in assenza di un'alternativa fornita dalle istituzioni. «Il campo di cupa Perillo continua ad essere sotto sgombero – precisa inoltre la Pierro - dell’opera di bonifica stanziata e approvata dalla Regione non si sa ancora nulla». Alla comunità e alle associazioni era stato assicurato che la procedura di pulizia, resa necessaria - oltre che per ragioni igieniche – per la riapertura dell’asse mediano di Viale della Resistenza, sarebbe stata messa in atto senza porre a rischio la presenza delle famiglie nel campo. «Ovviamente noi riteniamo che la bonifica sia necessaria per i rom e l'apertura dell'asse mediano fondamentale per questo territorio – concludono gli operatori - Ma in primis c'è il diritto di queste comunità a vivere una esistenza dignitosa ed essere tutelati». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino