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Il caro-energia minaccia la sopravvivenza delle aziende. Il default è già realtà per quasi 5mila aziende campane, che hanno cessato l’attività nel secondo trimestre del 2022. È quanto emerge dall’analisi Movimprese relativa al periodo aprile-giugno 2022, su iscrizioni e cessazioni di aziende, condotta da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio. Un’analisi sulle realtà produttive del territorio: nel Registro sono contenuti i dati di tutte le imprese, con qualsiasi forma giuridica e settore di attività economica. Nel periodo preso in esame si registrano sul territorio regionale 7.705 nuove iscrizioni e 4.880 cancellazioni, di cui 2.367 a Napoli. Il dato riferito al saldo tra aperture e chiusure potrebbe trarre in inganno. Da una lettura più approfondita, e dal confronto con l’anno precedente, viene fuori un quadro differente. «La variazione delle iscrizioni delle imprese in Campania - sottolinea Unioncamere - tra il secondo trimestre 2022 e il secondo trimestre 2021 è in decrescita del 17,4 per cento. Anche la tendenza nazionale registra un decremento delle iscrizioni del 7,3». E, nello stesso tempo, sono cresciute del 27,9 per cento le cancellazioni.
La cessazione dell’attività non deve tradursi obbligatoriamente nell’apertura di una procedura fallimentare, giacché un imprenditore che non ritenga più conveniente proseguire può chiudere bottega, limitandosi alla cancellazione dai registri camerali. Ma in alcuni casi - come le morosità non più sanabili - questa diventa necessaria. Le imprese campane entrate in liquidazione sono state 1.460. I fallimenti sono cresciuti del 6,4 per cento, rispetto alla media italiana. «Tutti i settori - spiega Unioncamere - aumentano le pratiche fallimentari, ad eccezione del comparto edile». I numeri rivelano, dunque, un quadro produttivo in profonda mutazione. «L’andamento tendenziale rispetto al secondo trimestre del 2021 - sottolinea Unioncamere - mostra evidenza a sfavore di una ripresa della spinta imprenditoriale». Dall’analisi delle singole categorie, relativa solo a Napoli, emergono altri dati interessanti. Il settore con la crisi più grave è il commercio al dettaglio e all’ingrosso, con 1015 cessazioni di attività, poco meno della metà del totale.
Il presidente regionale di Unioncamere Ciro Fiola invita alla prudenza nelle valutazioni sul fenomeno delle cessazioni. «Il dato congiunturale che riguarda l’aumento percentuale sulle chiusure rispetto al 2021 - spiega Fiola - riflette l’andamento di una tendenza fisiologica». Fiola sottolinea con maggiore interesse «la contrazione percentuale rispetto alle nuove aperture anche se può essere considerata comunque contenuta, se si fa riferimento allo scenario complessivo e all’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. I dati della rilevazione dello stesso periodo del 2021 risentirono del rimbalzo naturale post lockdown. Oggi chiunque abbia in mente di aprire un’impresa dovrebbe fare i conti con scenari che spingono alla riflessione».
Il caro-energia inquieta gli enti pubblici, anche in previsione delle festività natalizie. Sulle misure a cui sta lavorando l’amministrazione comunale per fronteggiare il fenomeno, il sindaco Gaetano Manfredi ha spiegato che «stiamo valutando sia sull’illuminazione dei monumenti che sull’illuminazione natalizia di avere maggiore sobrietà dando solo dei segni e senza eccedere perché sarebbero degli sprechi considerate le difficoltà complessive di tutti nella gestione e nel pagamento dell’energia». La scorsa settimana si è riunito il Tavolo sull’energia, che - ha proseguito il sindaco - «ci ha dato dei suggerimenti sulla riorganizzazione dei nostri uffici, per promuovere azioni di risparmio energetico, per la riduzione degli sprechi e il miglioramento dell’efficienza. I provvedimenti che saranno adottati si aggiungono a quelli già definiti dal Governo».
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