Il primo furto lo fa proprio l’Anm. Perché le ore di attesa rubate ai viaggiatori sono diventate ingiustificabili. Ai 29 minuti di attesa per il prossimo treno della...
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Mentre siamo a bordo del 140, un ragazzino si dà uno slancio sulla pedana dei posti sul retro e prova a stracciarne uno. «Statti fermo» gli urla una signora dallo sguardo severo e quello, almeno per ora, risparmia il gesto. Tempo una settimana e di tutti i cartelli appiccicati con il nastro adesivo non rimarrà traccia se non qualche angolo sfuggito al teppista di turno. O chissà, magari a toglierli ci penseranno proprio i borseggiatori. Di sabato li troviamo in massa sul mezzo che collega Capo Posillipo a Santa Lucia, forti del «tradizionale» ritardo della linea che fa accumulare alle fermate un numero consistente di fruitori dei lidi posillipini. Sono loro infatti le vittime prescelte nelle ore mattutine e scelgono soprattutto vittime femminili, che con zainetti e borse di paglia offrono maggiore campo visivo per l’individuazione del portafogli.
Un gruppo di ragazze americane, accompagnate dall’amica napoletana, chiacchiera e si distrae lungo il tragitto da piazza Vittoria a via Posillipo. È un attimo quando due uomini si posizionano in maniera tale da stringere la preda, permettendo al terzo amico, mingherlino e basso, di avvicinarsi alla meta, probabilmente un iPhone infilato nella tasca della borsa che spunta per metà. Della strategia dei delinquenti però se ne accorgono anche altri viaggiatori che frequentano il 140, tra cui una coetanea del gruppetto che finge di interessarsi all’accessorio di paglia. È un attimo, i tre capiscono di essere stati scoperti e scendono alla fermata della Torretta, fingendo di non conoscersi e dividendo i percorsi. Basterà scendere alla fermata successiva e tornare indietro per vederli insieme tutti e tre davanti a una nota gelateria che parlottano tra loro.
«D’estate è un continuo» racconta Adelina, una badante dell’Est Europa che ogni giorno raggiunge il suo anziano da accudire in via Posillipo. «Perché c’è più gente, in certe ore il bus è pieno che non si può entrare. Ma anche d’inverno non mancano, solo che preferiscono la prima serata, quando molte come me sono stanche della giornata di lavoro e abbassano la guardia». Gli extracomunitari sono tra le prede preferite dei borseggiatori. Anche perché, se scoperti, inveiscono, picchiano i più indifesi e spesso ricattano giocandosi la carta del «chiama la polizia, vediamo se sei in regola». «A me non è successo» continua Adelina. «Ma conosco alcune amiche che sono state schiaffeggiate e spinte quando si sono accorte che avevano infilato la mano nella sua borsa». Altre facili prede sono i cingalesi, di frequente con la paga giornaliera per i lavori domestici eseguiti. «Mi hanno sfilato la busta con dentro i soldi dalla borsa a tracolla. Me ne sono accorto una volta arrivato a casa e non so proprio come abbiano fatto, perché li avevo separati dal portafogli, dove avevo lasciato una ventina di euro» racconta Fernando mentre siamo a bordo dell’R2, linea preferita dai borseggiatori.
Da piazza Trieste e Trento a piazza Garibaldi però non ne sale nessuno. «Non è l’orario» spiega un vecchietto con capelli e barbetta bianchi ma due occhi ancora vispi. «I mariuoli a quest’ora stanno pranzando. Se volete, vi posso indicare pure il ristorante dove prendono primo, secondo e dolce. Stanno dalle parti di piazza Francese, si vede che poi “accrastano” pure qualcuno che scende dalle navi, lo fanno ai semafori mentre quelli si distraggono. Non tengono paura di niente, neanche della polizia: se li fermano, quelli escono subito e si rimettono al lavoro». Rifacciamo il percorso due volte, in andata e ritorno, ed effettivamente non sale nessuno dei volti noti. Decidiamo così di spostarci sul corso Garibaldi ed aspettare il 151, che collega la stazione a Fuorigrotta. Stavolta il tempo di attesa alla fermata è di appena venti minuti, nulla a che vedere con i quarantacinque del 140 in mattinata. Il bus si riempie quasi subito, e su via Depretis, a poche centinaia di metri dalla piazzetta indicata dal vecchietto in precedenza, entrano in quattro, due davanti e due indietro. Difficile capire se sono riusciti a colpire qualcuno, fatto sta che arrivati a piazza Vittoria oltre a decine di viaggiatori, le due coppie di borseggiatori scendono con la solita tattica della «divisione» del percorso che si ricongiunge dopo alcune centinaia di metri. Nessuno a bordo si accorge di essere stato alleggerito. Eppure, dai sorrisi che si scambiano dopo che uno mostra qualcosa tra le mani, il bottino c’è. I cartelli insomma, sono serviti a poco. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino