Napoli: coltellate sul campo di calcetto, indagati figlio e nipote di lady camorra Maria Licciardi

Napoli: coltellate sul campo di calcetto, indagati figlio e nipote di lady camorra Maria Licciardi
Il numero cinque quella sera ha marcato bene la sua zona di campo. Detto con la prosa sportiva, non ha fatto toccare palla all’avversario, magari con qualche entrata dura di...

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Il numero cinque quella sera ha marcato bene la sua zona di campo. Detto con la prosa sportiva, non ha fatto toccare palla all’avversario, magari con qualche entrata dura di troppo. Un affronto per chi, dall’altra parte, non si è potuto esibire, al punto tale da sfoderare la reazione peggiore: l’attaccante ha lasciato il campo, ha chiesto di uscire, ma solo per poter aprire il borsone che era adagiato vicino alla panchina, per poi prendere un coltello per farsi giustizia. Eccolo rientrare in campo, ma questa volta il calcio non c’entra: ha in mano una lama, un coltellaccio con il quale aggredisce e ferisce ripetutamente il numero cinque, quello che gli aveva dato filo da torcere nell’area di rigore. È questa l’accusa che viene mossa nei confronti di Gennaro Musella, classe 2002, nipote di Maria Licciardi, la presunta madrina della camorra napoletana attualmente detenuta al carcere duro. Gennaro Musella è attualmente a piede libero, dopo essersi recato in carcere ed essersi consegnato alla giustizia, dal momento che aveva appreso di essere ricercato nel corso della stessa vicenda che tiene invece in cella il padre. È stato infatti arrestato pochi giorni fa Giuseppe Musella (classe 1972), figlio di Maria Licciardi, padre di Gennaro, che avrebbe partecipato alla brutale (e vigliacca) aggressione avvenuta qualche giorno fa nei campi di calcetto di San Rocco. 

È la notte tra il 3 e il 4 ottobre scorsi, quando si consuma un triplice tentato omicidio a colpi di coltelli. In campo c’è il big match. Da un lato gli Scugnizzi (squadra nella quale milita il 20enne Giuseppe Musella) contro la squadra di Los Bandidos Argentinos, nella quale in difesa c’è il malcapitato Manuel Salzano. Quest’ultimo riesce a giocare il suo calcio migliore, tanto da rendere la vita difficile a Musella che, colpo di scena, intorno alla mezzanotte chiede di uscire, di lasciare il campo. Le regole del calcio a otto lo consentono, c’è un attimo di silenzio sugli spalti, quando si verifica qualcosa di drammatico. Il ventenne (che ha la maglia intitolata al suo beniamino Allan) lascia il campo, si china verso il borsone, per poi prendere un coltello con il quale dare seguito al suo intento vendicativo. Umiliato sportivamente, scatena la sua rabbia. Colpisce ripetutamente il proprio “marcatore” con un coltellaccio, provocando l’inferno su un luogo dedicato allo sport. Non è finita. Tocca al padre, a Giuseppe Musella (classe 1972), passare al piano b. Era sugli spalti, il figlio della presunta madrina di camorra. Era a tifare gli Scugnizzi e non è rimasto inerte. Urla: «Uccidilo, uccidilo, questo uomo di m...», aizzando il figlio contro gli avversari.

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È il secondo momento della rissa. Giuseppe Musella è al centro della scena. Entra in campo e fa finta di voler sedare gli animi, ma si tratta solo di una strategia. Perché in effetti non fa altro che immobilizzare una delle vittime per consentire alle vittime di completare l’opera. Blocca il fratello di Manuel, mentre il figlio Gennaro infierisce (con almeno tre fendenti) al corpo della seconda vittima di questa brutta storia. Alla fine saranno tre i soggetti ad avere la peggio, sempre e comunque di fronte alla rabbiosa discesa in campo di padre e figlio. Difeso dal penalista napoletano Rosario Arienzo, Giuseppe Musella si dice pronto a raccontare la propria versione dei fatti. Nei suoi confronti è scattato un fermo di pm Raffaele Tufano, che è stato poi convalidato dal gip Marco Discepolo, per triplice tentato omicidio. È stato trovato a casa dalla pg, non si è sottratto alla cattura dopo l’aggressione sui campi di calciotto. Diversa la posizione del figlio Gennaro, che è poi quello ritenuto responsabile di aver iniziato la rissa, con i primi fendenti contro Manuel Salzano. In un primo momento, assistito dal difensore Rosario Arienzo, non è stato trovato in casa, poi si è consegnato in carcere, ma è stato rilasciato. Resta una brutta storia di cronaca nera, che si è consumata in un luogo consacrato allo sport, come hanno raccontato i testimoni di questa indagine, a proposito di un match finito nel sangue: quello tra gli Scugnizzi e i Los bandidos argentinos, due squadre di calciotto che hanno fatto i conti con una violenza che sa di camorra. 

 

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Il Mattino