Catacombe di San Gennaro, l'ora dei veleni: «Arrivate minacce in Vaticano»

Catacombe di San Gennaro, l'ora dei veleni: «Arrivate minacce in Vaticano»
CITTÀ DEL VATICANO - Nel Palazzo Apostolico nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe mai immaginato che riportare un po' d'ordine e legalità nella gestione delle...

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CITTÀ DEL VATICANO - Nel Palazzo Apostolico nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe mai immaginato che riportare un po' d'ordine e legalità nella gestione delle catacombe di san Gennaro potesse arrivare a tanto. E addirittura sfociare in una resistenza del genere. La ribellione dei 35 ragazzi che lavorano nella cooperativa La Paranza e che finora hanno mandato avanti il sito archeologico (forse in modo un po' artigianale, sicuramente senza tenere conto delle regole vincolanti per gli altri siti affidati dallo Stato italiano alla Santa Sede), si è via via trasformata in qualcosa che ora sta sfuggendo di mano a tutti.

 
Lettere minacciose e mail anonime che arrivano all'indirizzo della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, una petizione nazionale che ha raccolto quasi 60 mila firme, dichiarazioni di personalità del mondo della politica e, per ultimo, la visita del presidente della Camera, Roberto Fico. Al di là del Tevere c'è sconcerto, dispiacere e sbalordimento per la reazione dei 35 ragazzi visto che il loro contesto lavorativo non è mai stato messo in dubbio e che il cardinale Gianfranco Ravasi, per primo, una settimana fa, durante un incontro a Napoli con il cardinale Crescenzio Sepe, aveva assicurato di volere salvare. In pratica nessuno di loro avrebbe perso il posto e la cooperativa La Paranza avrebbe riavuto la concessione scaduta sebbene ad una condizione inderogabile: ripristinare trasparenza e legalità. Il Vaticano chiede il rispetto delle regole (valide per tutte e sessanta le catacombe), la rispondenza delle norme di tutela per i siti archeologici, la garanzia periodica di ispezioni di archeologi vaticani per verificare lo stato di salute degli affreschi, dei cubicoli, delle strutture, l'invio dei conteggio sulla bigliettazione, la presentazione di bilanci (finora pare non ne sia mai arrivato uno).

I ricavi delle catacombe vanno ripartiti tra il gestore del sito e la Pontificia commissione di archeologia sacra nella misura del 50% per provvedere ai costi di restauro, rifacimento, ristrutturazione dei sotterranei. Un lavoro piuttosto impegnativo.

Finora la curia di Napoli non sembra essere riuscita a contenere la rabbia dei ragazzi e spiegare che nessuno a Roma mette a rischio il loro futuro, così la protesta è andata avanti e non sembra placarsi nemmeno a breve. Peccato che sui tavoli della Segreteria di Stato ci siano copie di documenti e relazioni che provano gli innumerevoli tentativi del Vaticano di dare una cornice stabile alla struttura esistente. Nel marzo di quest'anno, per esempio, stata fatta la proposta alla Paranza di azzerare l'intero debito pregresso, dal 2009, e di avviare una nuova fase comune, decisamente più trasparente. La mano ferma del Vaticano non poteva che arrivare.

Da troppo tempo arrivavano a Roma voci problematiche sulla gestione delle catacombe napoletane aperte al pubblico nel 2009, dopo una lunga e complessa campagna di scavi (a spese del Vaticano). Dagli scavi sono affiorati magnifici affreschi, le sepolture dei martiri partenopei e la vita delle prime comunità cristiane. I 35 ragazzi con il loro entusiasmo sono riusciti a fare diventare famoso nel mondo il sito e dare speranza alla gente. La scorsa settimana è stato comunicato a La Paranza che la gestione doveva cambiare registro. Nel frattempo in Vaticano cominciavano ad arrivare lettere intimidatorie per avere disposto accertamenti e controlli.


Il settore delle catacombe, una sessantina dall'Umbria alla Sicilia, è rigidamente disciplinato dagli accordi bilaterali siglati nel 1984 tra la Santa Sede e l'Italia. Le cooperative o le strutture private che hanno preso la conduzione del sito, sono obbligate a staccare dei biglietti numerati speciali che vengono forniti dal Vaticano e sono tenute dividere gli incassi. A Napoli, invece, tutto è andato avanti in una specie di autogestione. I problemi con il tempo hanno finito per cristallizzarsi, sommandosi ad altre difficoltà. Gli ispettori vaticani, per esempio, spediti al rione Sanità per verificare lo stato di conservazione delle catacombe, la tenuta degli affreschi o la qualità dei cunicoli, non sono riusciti a svolgere serenamente la missione. Ostruzionismo, sospetti, un clima di aperta ostilità. Se non viene garantita una conservazione meticolosa e costante i rischi sono alti soprattutto per i bassorilievi e gli affreschi. Cosa che sembra stia accadendo in alcuni punti delle catacombe di San Gennaro. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino