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È morto solo, sotto i portici del Duomo di Napoli, a due metri dall’ingresso del museo del tesoro di San Gennaro. È morto abbandonato su un materasso sporco, senza che le istituzioni intervenissero. È morto e non se ne conosce neppure il nome perché l’uomo è uno degli invisibili che vivono per strada e che la società non è in grado di individuare: forse era pakistano, forse...
La vicenda di questa morte ha i contorni sbiaditi di tante morti del genere, anche se con vigore e rabbia in tanti hanno cercato di lanciare appelli, chiedere aiuto, provare a ottenere soccorso. L’agonia di questa persona è stata in qualche modo raccontata in diretta via social, ma non balzate subito a facili conclusioni: non c’è stata corsa all’immagine drammatica o alla notizia sconvolgente. Tutti quelli che negli ultimi giorni hanno raccontato le vicende di quest’uomo in fin di vita l’hanno fatto con delicatezza, spiegando di aver prima chiesto l’intervento delle istituzioni e, non riuscendo ad ottenerlo, hanno deciso di chiedere aiuto al popolo dei social.
In tanti hanno provato a chiedere che qualcuno intervenisse. Negli ultimi giorni sono state molte le richieste di soccorso. In molti sostengono di aver lanciato appelli al sistema sanitario, qualcuno su Facebook sostiene di aver visto gli addetti intervenire sul posto e spiegare che «siccome si muoveva non c’era bisogno di soccorrerlo». Un’altra parte del mondo social che s’era preso carico di chiedere aiuto per quell’umo in difficoltà, spiega di aver avuto la possibilità di scambiare parole con i militari sempre presenti nel piazzale antistante il Duomo e di aver saputo che c’erano stati diversi tentativi di portargli aiuto ma che lui, finché era in grado di reagire, aveva sempre rifiutato di essere portato via dalla strada dove aveva deciso di vivere. Ad occuparsi di lui, come delle centinaia di altri clochard di Napoli, durante la notte arrivavano i volontari: un po’ di cibo e qualche bottiglina di acqua per dare conforto, la consueta e intensa domanda che viene rivolta a tutti «hai bisogno di aiuto?», ma l’uomo non ha mai accettato quell’aiuto.
Negli ultimi giorni le condizioni del senzatetto erano apparse già disperate alle persone che ne seguivano le sorti. Per qualche giorno s’è lasciato andare, disteso, su una panchina di via Duomo. In tanti pensavano che già avesse perso i sensi ma poi, di tanto in tanto, dava segni di vita che confortavano anche i più preoccupati. Aveva una grande cicatrice sulla testa che, nel corso degli ultimi giorni, era diventata sempre più evidente e veniva considerata preoccupante dal popolo dei social che continuava a chiedere aiuti per quell’uomo.
Così, quando ieri mattina è arrivata l’ambulanza e lo ha portato via sperando di salvarlo, quando ormai era già cadavere, la piccola comunità che s’era stretta intorno al clochard ha vissuto un lutto grande.
In fondo a questa vicenda restano tante domande, una su tutte: è possibile morire su un materasso lercio, sotto il porticato del Duomo della terza città d’Italia, di fronte all’ingresso di uno dei musei più visitati? Evidentemente è possibile, e questa è una sconfitta pesante per la città, per tutta la città. Per ciascuno di noi.
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