Da «Vogue» a «The Passenger»: Napoli tira forte in edicola

Da «Vogue» a «The Passenger»: Napoli tira forte in edicola
Le premesse di chi vuole raccontare Napoli dall'esterno sono sempre le stesse: evitare i cliché, non ripetere il già detto, scoprire il nuovo. Poche righe e il...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Le premesse di chi vuole raccontare Napoli dall'esterno sono sempre le stesse: evitare i cliché, non ripetere il già detto, scoprire il nuovo. Poche righe e il volenteroso giornalista, l'illuminato divulgatore convinto di rivelarsi illuminante, cadono nella trappola. Nell'articolo di apertura di Emanuele Farneti dell'ultimo numero di «Vogue», tutto dedicato alla città, si legge: «Non troverete la Napoli da cartolina, abbiamo scelto di non parlare dei suoi molti, noti problemi», e via negli articoli successivi a disquisire di «caos primordiale», «mistero e magia», «contraddizioni e contrasti», femminelli, janare, mozzarelle di bufale. Nella pagina di presentazione al numero dedicato a Napoli, in uscita il 22 settembre dalla collana «The passenger» della casa editrice Iperborea (pagine 192, euro 19,50), si legge: «Negli ultimi anni Napoli ha vissuto una sorta di ipernarrazione, soprattutto cinematografica e letteraria, che ha ulteriormente arricchito un immaginario già molto sedimentato. Da sempre il pendolo oscilla come impazzito tra picchi e depressioni ed è difficile farsi un'idea, fare una media, immaginare una normalità napoletana, ammesso che esista». Gli autori, capeggiati dal curatore anonimo (?), promettono di svelare la Napoli «normale», più autentica, «che colonizza invece di essere colonizzata, che attrae talenti invece di farseli sfuggire», lontana da chi ne parla per eccessi e per luoghi comuni che di comune hanno la solita anomalia. Ma è difficile lasciare da parte il folklore usando per i titoli il lettering dei cartelli usati sulle cassette di friarielli e pummarole ai mercati.

Impossibile pensare a un'altra Napoli se ci sono approfondimenti su «tarallo nzogna e pepe», «zuppa forte», «o capitone», se «il centro direzionale è metafora della città» (copyright di Ester Viola), se alla fiera del pensiero già pensato Cristian De Majo partecipa indagando sulla presunta diversità del vomerese rispetto agli abitanti degli altri quartieri, sulla mancanza di «zone popolari» prestp rinnegata parlando di Antignano e dimenticando i bassi di Case puntellate e vico Acitillo.

Le foto di Mario Spada sono belle e colorate, la musica dei neri a metà non manca, Maradona nemmeno, naturalmente, Paolo Macry racconta la politica dei «sovrani repubblicani» da Lauro a De Magistris passando per Bassolino, Raffaella R. Ferrè l'effervescenza editoriale, Peppe Fiore la città dell'audiovisivo, Carmen Pellegrino quella sotterranea, la necropoli.
A offrire sguardi meno consueti ci sono, è vero, la riflessione di Piero Sorrentino sulla Napoli industriale, il suo presente poco roseo e quel che di roseo potrebbe accadere in futuro se si decidesse di riqualificare certe aree. E il fumetto di Cristina Portolano su chi è andato via e poi ritorna, e si sente straniero, come chi ci vive da una vita e a un certo punto capisce di non aver mai capito niente della città in cui è nato.

Catturare la «vera Napoli» senza farla diventare «la Napoli verace» è difficile dall'interno, figurarsi dall'esterno. Luigi Compagnone nel racconto La città perduta aveva raccontato come, durante un viaggio in treno, più di una persona esponesse la sua teoria su Napoli e i suoi abitanti. All'arrivo in stazione la città era... sparita. Per imbarazzo, per dignità, per paura di deludere, per intolleranza verso chi pensava di conoscerla meglio di tutti.


Ma i numeri di «Vogue» e di «Passenger» su Napoli indicano un interesse per la città, la sua rinnovata vocazione turistica che nemmeno la pandemia ha saputo spegnere, la sua centralità nell'immaginario collettivo nazionale, ed internazionale, rilanciata da fiction, canzoni, film, romanzi, saghe letterarie. E Napoli non ha comunque voglia di scomparire.
  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino