Napoli. La strage dei futuri avvocati: all'esame bocciato il 65% dei praticanti

Praticanti avvocati all'esame di abilitazione
In tanti non ce l’hanno fatta, in tanti si sentono attori di un poco invidiabile record nazionale: sono quelli delle prove scritte per diventare avvocati. Un esercito di...

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In tanti non ce l’hanno fatta, in tanti si sentono attori di un poco invidiabile record nazionale: sono quelli delle prove scritte per diventare avvocati. Un esercito di esclusi, falcidiati, bocciati.


Dati non ancora ufficiali, anche se in questo caso c’è poco da giocare con i numeri: su oltre cinquemila aspiranti avvocati che hanno sostenuto gli scritti lo scorso dicembre passa alle prove orali solo il 35 per cento. Resta al palo il 65 per cento di praticanti, quasi 3250 aspiranti professionisti. Una selezione drastica, operata da commissari del distretto di Corte di appello di Roma, in questo caso sorteggiati per esprimersi sugli elaborati partenopei.



Un dato che stride con la media nazionale, come appare evidente anche dal semplice confronto con le valutazioni espresse dai commissari napoletani rispetto agli aspiranti avvocati milanesi. Sempre per questioni di trasparenza, infatti, se Roma ha corretto Napoli, Napoli ha corretto Milano, sfornando oltre il 50 per cento di promossi alle prove orali.

Napoli meno severa di Roma? Mancanza di uniformità di giudizio? O una preparazione più solida da parte degli studenti di altre regioni?



Prova a fare chiarezza l’avvocato Mario Ruberto, presidente della commissione di esame di avvocato presso la Corte di Appello partenopea: «Sono stati diversi i criteri di giudizio, sono convinto che la nostra commissione si è fatta scrupolo di leggere attentamente le prove, di approfondire ogni elaborato e di dare un giudizio corrispondente nel merito al lavoro svolto dal singolo candidato. Va anche detto però che in ogni distretto ci sono tante sotto commissioni, che rende impossibile un’oggettiva uniformità di giudizio».



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