Napoli Est, la beffa: il boss Rinaldi ​gioca d'anticipo ed è in fuga

Napoli Est, la beffa: il boss Rinaldi gioca d'anticipo ed è in fuga
Ha capito che vento tirava e ha bruciato tutti sul tempo. Non si è fatto vedere in giro, ha lasciato ai suoi le ultime consegne, poi ha giocato d'anticipo. Sparito....

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Ha capito che vento tirava e ha bruciato tutti sul tempo. Non si è fatto vedere in giro, ha lasciato ai suoi le ultime consegne, poi ha giocato d'anticipo. Sparito. Ciro Rinaldi ha atteso la Cassazione - che, per inciso, gli ha dato torto - per sparire dalla zona, tanto da risultare irreperibile, tecnicamente in fuga dalla giustizia. Poche settimane fa, la Suprema Corte aveva accolto il ricorso della Dda di Napoli, che lo indicava come mandante del duplice omicidio Colonna-Cepparulo, quanto basta a spiccare un ordine di custodia cautelare. Una misura al momento non eseguita, di fronte allo stato di irreperibilità dello stesso Rinaldi. Un contropiede riuscito, almeno per il momento, proprio negli stessi giorni in cui nel suo quartiere infuriano venti di guerra. San Giovanni a Teduccio, è la faida dell'indifferenza generale, in attesa che a finire sotto i colpi dei killer finisca qualcuno estraneo alla camorra. Ma torniamo all'agguato di due sere fa, consumato lungo il corso principale del quartiere della periferia orientale: manca una quindicina di minuti alle sette di sera, solito traffico di auto che si muovono a passo d'uomo, causa doppie e triple file (grazie all'assenza di divise in zona), viene ucciso Salvatore Soropago: abitava in zona dove il fratello gestisce un negozio per uccelli, a due passi dal luogo in cui è stato attinto dai proiettili.


IL LATITANTE
Un delitto strategico, di peso, almeno secondo la strategia criminale che si è abbattuta a San Giovanni a Teduccio dall'inizio dell'anno in corso: Soropago era ritenuto braccio destro di Salvatore Fido, a sua volta personaggio di peso del clan Mazzarella, arrestato ieri mattina in una villetta di Varcaturo. Sono stati gli uomini della Mobile (agli ordini del primo dirigente Luigi Rinella), assieme ai colleghi dello Sco, a stanare Fido, ritenuto regista della faida contro i Rinaldi. Aveva contatti con il territorio, cambiava covo quasi ogni giorno, è stato arrestato grazie a un'indagine classica. Riflettori sul suo tessuto relazionale, decisiva la pista sentimentale: il rapporto con una donna ha provocato un passo falso e le manette. Ora deve rispondere di associazione camorristica mentre le indagini della Dda (pm Antonella Fratello, aggiunto Giuseppe Borrelli) puntano a ricostruire i nuovi rigurgiti di violenza criminale a Napoli est.

LE DINASTIE

Una polveriera. Spari contro finestre e portoni (le stese) agguati in piena folla, a pochi passi dalla chiesa principale, frequentata fino a sera da bambini per catechismo e attività ricreative. Un puzzle di famiglie camorristiche: non solo Mazzarella contro Rinaldi, ma anche altri gruppi familiari che si schierano a seconda della convenienza. In campo ci sono i Reale, i Formicola, i D'Amico, i Silenzio. E si potrebbero elencare altri cognomi, se non fosse per la totale mancanza di interesse che viene riservata alla guerriglia di San Giovanni a Teduccio. Ma torniamo alla storia del boss in fuga. Conosciuto da decenni con il soprannome di «maue» (a causa dell'intercalare; per qualcun altro da «my way», locale notturno un tempo famoso), Ciro Rinaldi è in fuga. È accusato di un duplice omicidio consumato un anno fa a Ponticelli: colpiti a morte Raffaele Cepparulo, boss dei barbudos, che si nascondeva in periferia dopo essere fuggito alla faida del rione Sanità; ma anche Ciro Colonna, 19enne ucciso per errore, per aver provato a salvare gli occhiali perduti durante il fuggi fuggi all'interno del circoletto ricreativo teatro dell'agguato. Rinaldi venne arrestato, poi scagionato dal Riesame. Difeso dal penalista Salvatore Impradice, riuscì a dimostrare che le intercettazioni di alcune donne a lui riferite («ma-uè») non potessero bastare a far scattare un ordine di custodia cautelare. Diverso il ragionamento della Cassazione, che ha accolto invece il ricorso della Dda di Napoli, in uno scenario in cui - a freddo - si è consumata la beffa del boss. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino