Sparare allo straniero, così, per puro divertimento. Uscire di casa armati di un fucile ad aria compressa per poi iniziare il tiro al bersaglio, colpendo vigliaccamente il...
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L’AGGUATO
È l’una della notte di giovedì. Konaté sta tornando a casa a piedi, è quasi arrivato in piazza Garibaldi quando - sull’ultimo lembo del corso Umberto - da un’auto in corsa qualcuno gli punta contro la canna di un fucile. Fortunatamente (si fa per dire) l’arma è caricata a salve: ma spara piombini ad aria compressa. E due colpi finiscono a segno, centrando all’addome il giovane africano. «Ho sentito forti le loro risate quando hanno tirato fuori il fucile dal finestrino dell’auto e mi hanno sparato». Erano in due, ha poi raccontato Bouyagui agli agenti della polizia dopo il ricovero al Loreto Mare, dov’è stato curato e dimesso con una prognosi di dieci giorni. Indagini a tutto campo, anche se appare verosimile che si sia trattato dell’ennesimo atto di teppismo, probabilmente anche connotato da una vaga matrice razzista.
«Ho avvertito una fitta all’addome, mi bruciava tanto - racconta al «Mattino il giovane maliano - Così ho alzato la maglietta e ho visto il sangue. Sono corso a casa, poi un amico mi ha portato in ospedale».
L’ACCUSA
Ieri sera Konaté Bouyagui non è tornato al lavoro, nel ristorante «Kikana» che si trova al viale Margherita. Ma oggi pomeriggio alle 17 sarà in piazza Plebiscito a manifestare sotto la Prefettura contro ogni episodio di violenza ai danni dei migranti. «Quei due - racconta ancora al nostro giornale il maliano - non avevano nessun motivo per colpirmi, io stavo solo camminando per strada. Lo hanno fatto perché secondo me odiano le persone di colore. Sono scesi dalle loro case con un fucile a piombini per colpire qualcuno, uno a caso. Hanno scelto me...». Resta tanto amaro in bocca: Bouyagui a Napoli ci vive da cinque anni, da quando ci arrivò, minorenne non accompagnato e richiedente asilo. Ha saputo meritarsi quel permesso di soggiorno: non si è messo a spacciare droga come purtroppo fanno molti suoi connazionali che cedono alle lusinghe della camorra, e ha rigato dritto. Ma nella sua mente certi episodi non potranno mai essere cancellati. «Io qui ci vivo bene - continua - e Napoli non è una città razzista».
L’APPELLO
L’episodio è avvenuto giusto il giorno successivo alla Giornata Mondiale del Rifugiato, il 20 giugno di ogni anno. «Hanno colpito un ragazzo che è il simbolo di un percorso di accoglienza che funziona - dichiara Marika Visconti, Presidente di «Less Onlus» - Quanto accaduto è probabilmente il becero frutto di quanto sta succedendo in Italia». La presidente racconta che violenze come questa succedono spesso, anche se poi, purtroppo, non riescono a venire a galla. E lancia l’apertura di uno sportello di denuncia contro le violenze razziali. «Qualche giorno fa un ragazzo africano si è preso quattro coltellate dal suo datore di lavoro, un meccanico che non aveva intenzione di pagarlo. Poi ogni giorno c’è chi prova ad investirli per strada con l’auto. Una caccia all’uomo nero priva di senso. È per questo che dobbiamo alzare la voce». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino