NAPOLI - Ucciso a bruciapelo, colpito alla schiena, forse mentre fuggiva o forse senza che nemmeno si rendesse conto di ciò che stava accadendo. Chi impugnava la pistola era a...
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Genny era il bersaglio dei killer o fu colpito per errore? L’interrogativo resta ancora aperto ma dai risultati della consulenza medico legale affiorano dettagli che confermano che si trattò in ogni caso di una esecuzione. Erano le 5,05 del mattino. Genny morì dopo una breve agonia, ucciso da un unico proiettile che gli trapassò il petto e gli tolse il fiato e la vita nel giro di poco. Il killer «era alle spalle e a sinistra della vittima, che attendibilmente si trovava con il busto flesso oppure in posizione eretta ma più in alto rispetto a questo» si legge nella relazione del perito.
Si aggiungono tasselli al puzzle investigativo, e i nuovi particolari sulla dinamica della sparatoria potranno essere utili a individuare la posizione dei killer e come entrarono in azione. La perizia porta ad escludere che ci fu colluttazione, scontro fisico tra Genny e chi lo uccise. Sul corpo del ragazzo solo i segni di un colpo di pistola. «Il foro di ingresso - evidenzia il perito - non presentava caratteri compatibili con un colpo esploso a distanza ravvicinata per cui può ritenersi che il giovane fu colpito da una distanza superiore ai 50 centimetri circa». Esile, un metro e sessanta, Genny fu stroncato da «un unico proiettile di arma da fuoco a carica singola». Penetrò nell’addome, lese il rene sinistro, la milza e lo stomaco, per poi attraversare il torace interessando i polmoni e attraversando il cuore, e fuoriuscì all’altezza dello sterno. Tutto in una frazione di secondi. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino