Alcune conversazioni intercettate, in cui si spende il nome del «collega giudice». È il motivo che ha spinto in questi mesi la Procura di Roma ad iscrivere...
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Oltre ai tabulati, depositata anche la copia forense di alcuni supporti informatici (telefoni o tablet) acquisiti lo scorso luglio. Materiale che ha spinto la difesa dei due principali imputati, vale a dire il giudice Capuano (rappresentato dai penalisti Alfonso e Guido Furgiuele e Alfredo Sorge) e Di Dio (rappresentato dall’avvocato Marco Campora) a chiedere il rinvio dell’audizione dello stesso Giacobini. Assistito dall’avvocato Claudio Botti, l’ex presidente della quarta appello ieri era presente in Tribunale a Roma, convocato come testimone degli imputati, ma dovrà attendere la prossima udienza prevista ad ottobre. Ma cosa spinge i pm ad ipotizzare il coinvolgimento di un magistrato in pensione? Stando a quanto risulta al Mattino, agli atti c’è molto poco: vanterie da parte di Capuano, che probabilmente millanta di interessarsi all’assoluzione dell’imprenditore Liccardo (ignorando per altro che Giacobini era finito in pensione); oltre a una telefonata di sessantasei secondi che risale a un periodo remoto, quando Di Dio non aveva ancora interessato Capuano del caso Liccardo. Non sono emerse tracce di utilità o benefit per il giudice Giacobini, né altri riscontri in merito alla presunta triangolazione ipotizzata in questa fase delle indagini. Chi conosce il magistrato, conferma la sua determinazione a dimostrare la sua estraneità rispetto alla vicenda Capuano (e alla trama dei suoi rapporti), ma anche rispetto all’imprenditore che sarebbe stato sponsorizzato da Di Dio.
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Anche i testimoni ascoltati ieri hanno dichiarato di non aver avuto alcun contatto con Capuano, di non averlo mai conosciuto (tanto da non riconoscerlo neppure in aula), oltre a negare il coinvolgimento da parte di Giacobini. Ieri è toccato anche al giudice che ha firmato l’assoluzione di Liccardo (a febbraio del 2020, quindi mesi dopo gli arresti di Capuano) battere sullo stesso tema: «Nessuna pressione subita, nessun condizionamento». Spiega l’avvocato Sorge al Mattino: «È emersa l’inconsistenza della prospettazione accusatoria fondata su sospetti ingiusti ed indimostrati, che con i testi di oggi si sono rivelati del tutto infondati. Resta l’amarezza perché laddove questi doverosi accertamenti fossero stati esperiti durante le indagini non avrebbe avuto luogo alcuna misura cautelare».
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Ma c’è un’altra vicenda su cui la Procura di Roma vuole vederci chiaro, sempre a proposito del mondo di relazioni del giudice Capuano. In questi giorni, i pm di piazzale Clodio hanno spedito una richiesta di proroga delle indagini a carico del giudice Capuano e dell’albergatore ischitano Michele De Siano, in un filone di indagine parallelo alla vicenda principale. Anche in questo caso l’ipotesi battuta dalla Procura di Roma (pm Gennaro Varone) è di corruzione in atti giudiziari. Si tratta di una verifica che riguarda la permanenza di Capuano a giugno del 2019 in un albergo di Michele De Siano. Stando a una prima ricostruzione, si tratta di una permanenza a titolo gratuito che cadeva a distanza di un anno dalla sentenza di condanna a carico di De Siano firmata dallo stesso Capuano (ex giudice a Ischia) per vicende legate a reati in materia di ecologia. Spetta alla Procura trarre le conclusioni su questo filone di indagine, mentre nel processo romano ora è attesa l’audizione dell’ex presidente della quarta appello Giacobini.
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Il Mattino