Valentina e Francesco si amano da vent’anni e anche se portano lo stesso cognome, Fasano, non sono sposati e nemmeno parenti. Si conoscono da quando erano ragazzi,...
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«La prima volta che abbiamo saputo dell’esistenza di questa malattia è stato choccante - ricorda Valentina -. Fu quando i genitori di Francesco confessarono a lui e a suo fratello che un terzo figlio non era morto per una caduta che lo aveva ridotto in stato vegetativo, come avevano sempre raccontato, ma per una rara malattia neurodegenerativa». Ovviamente, allarmati dalla notizia, Vali e Frankie corrono a informarsi sulla natura di quella malattia quasi sconosciuta, scoprendo che l’adrenoleucodistrofia può presentarsi al massimo fino ai 35 anni. E lui li ha superati già da un po’. Perciò, tirano un bel sospiro di sollievo e non ci pensano più.
«E invece una sera, ormai erano passati quattro o cinque anni, mia madre mi fa notare che Frankie non cammina bene, ha un’andatura strana». Quello è il primo segnale che la malattia si stava presentando. Infatti, l’adrenoleucodistrofia (Ald) è provocata da un difetto genetico, a causa del quale l’organismo non riesce a metabolizzare gli acidi grassi a catena lunga prodotti dal corpo e contenuti in determinati cibi, che si accumulano nel sangue e nei tessuti. L’accumulo di questi acidi grassi a sua volta porta alla progressiva distruzione della mielina, la sostanza di cui è composta la guaina che riveste le strutture del sistema nervoso centrale. A quel punto i nervi non riescono più a trasmettere correttamente i segnali inviati dal cervello e il soggetto malato denuncia problemi motori, che col tempo possono portarlo alla totale inabilità. In certi casi possono presentarsi disturbi comportamentali, perdita della vista, dell'udito, della parola, difficoltà ad alimentarsi, sintomo che la malattia è evoluta a livello cerebrale.
«Francesco, oltre ad avere problemi motori, iniziò ad accusare anche clamorosi buchi di memoria. Poi cominciò ad avere comportamenti infantili: trascurava il lavoro, non voleva prendersi le sue responsabilità, mi chiamava al telefono continuamente solo per chiedermi sciocchezze, quando uscivo dall’ufficio me lo ritrovavo in strada che mi aspettava. Insomma, stava regredendo. Era diventando un bambinone che aveva continuamente bisogno di me. E io non potevo fare a meno di amarlo ogni giorno di più».
Se Francesco, coerentemente col suo nuovo stato mentale, rifiuta di occuparsi della malattia, Valentina si mette a studiarla, cercando possibili soluzioni: «Si stanno svolgendo delle ricerche per la terapia genica e si effettua il trapianto del midollo in casi estremamente selezionati, ma per ora l’unica terapia che può essere praticata è quella dietetica, riducendo i grassi nell’alimentazione, usando un olio alimentare che viene sostituito a quello da cucina ed è privo di acidi grassi a catena lunga». Inoltre, esiste un olio di ultima generazione, frutto della ricerca italiana, l'Aldixyl, un’evoluzione dell’olio di Lorenzo che era stato inventato da Michaela e Augusto Odone, che l'hanno somministrato al proprio figlio Lorenzo, dal quale il preparato prende nome. È una miscela di sostanze chimiche in grado di ridurre l’accumulo di acidi grassi nell’organismo, rallentando in questo modo l’avanzamento della malattia.
Informazioni che oggi si trovano girando su internet, ma all’epoca dell’Ald non si sapeva quasi nulla e Valentina dovette telefonare a mezzo mondo per capire con cosa lei e Francesco stavano combattendo. Fino alla felice scoperta che in Campania esisteva un punto di riferimento per patologie di questo tipo: «Quando arrivai alla professoressa Marina Melone, neurologa del Centro Malattie Rare dell'Università Luigi Vanvitelli di Napoli, riferimento per l'Ald nella nostra regione, sentii che uscivo dalla mia dimensione ordinaria, ma entravo in una nuova, una nuova casa dove qualcuno mi accoglieva».
Un altro punto di riferimento per i 200 italiani malati di Ald – ma si stima che nel nostro paese siano 3.500 i casi non diagnosticati – l’ha creato proprio Valentina, fondando insieme ad altre persone l’Associazione Italiana Adrenoleucodistrofia. Nata nel 2015, l’associazione indirizza i pazienti ai centri di riferimento nazionali, li mette in relazione perché possano condividere le loro esperienze, li supporta con un avvocato che in forma totalmente volontaristica tutela i loro diritti. I passi più importanti che si prefigge di compiere sono l'aumento dei LEA previsti per pazienti così problematici e un corso ECM per i medici di medicina generale e i pediatri perché loro sappiano individuare pazienti affetti da ALD e indirizzarli ai centri di riferimento».
Nel frattempo, le condizioni di Francesco, che oggi ha 53 anni, sono molto peggiorate e si è reso necessario affidare la sua tutela a una persona. Un’altra battaglia intrapresa da Valentina: «Non essendo sposati, né uniti civilmente, per lo Stato io e Frankie siamo due estranei, anche se stiamo insieme da una vita – spiega la 39enne –. Perciò c’è stata una causa per stabilire a chi spettasse la sua tutela giuridica. Allora ho scritto una requisitoria di 20 pagine, in cui ho raccontato la nostra storia al giudice, una donna molto attenta e sensibile, che alla fine ha deciso che a Francesco non doveva essere sottratto il suo mondo, doveva continuare a vivere con me». Non fosse andata così, l’uomo rischiava di finire in un istituto. Invece, la determinazione della sua compagna ha scongiurato questa possibilità. «E oggi, nonostante tutto, posso dire di essere felice e che non c’è al mondo un altro posto dove vorrei stare, se non accanto a lui».
Di adrenoleucodistrofia si parlerà domenica 15 ottobre alle ore 17 in un focus nell’ambito del convegno annuale della Società Italiana di Neurologia, che si terrà alla Mostra d'Oltremare di Napoli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino