Napoli, i furbetti dell'Asìa: prima licenziati e poi riassunti

Napoli, i furbetti dell'Asìa: prima licenziati e poi riassunti
Licenziati perché assenteisti - e qualcuno anche rissoso tanto da avere aggredito il diretto dirigente - ripescati dopo un ricorso e una trattativa lampo con i sindacati....

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Licenziati perché assenteisti - e qualcuno anche rissoso tanto da avere aggredito il diretto dirigente - ripescati dopo un ricorso e una trattativa lampo con i sindacati. Delle due l’una: o chi ha deciso i licenziamenti ha sbagliato prima oppure dopo, mettendosi in casa i classici «furbetti. Da qui non si sfugge. E non è l’unico caso che si registra in Asìa, l’Azienda per la raccolta rifiuti del Comune.

 
Si tratta di lavoratori Cub - Consorzio unico di bacino - che tecnicamente sono in prestito ad Asìa ma che entro fino anno saranno definitivamente assunti, e di altri 7 dipendenti diretti di Asìa anche qui in parte ripescati dopo costose vertenze in Tribunale. 

Procediamo con ordine, a iniziare dal caso dei dipendenti Cub, vale a dire provenienti dal Bacino e grazie a un protocollo d’intesa con la Regione per un progetto di rafforzamento della differenziata finanziato dall’ente di Santa Lucia arrivati nell’azienda comunale. I Cub in prestito sono 240 - ed entro fine anno saranno assunti definitivamente e diverranno dipendenti comunali - quelli coinvolti nei licenziamenti sono ben 11 di cui 8 rientrati e 3 lasciati fuori, almeno a oggi. Una vicenda che è iniziata agli inizia di luglio. Perché sono scattati i licenziamenti? I motivi a sostegno della decisione presa dal direttore generale di Asìa Francesco Mascolo sono due: troppe assenze e quelli disciplinari. Sostanzialmente i licenziati per le assenze hanno superato il 30 per cento del monte giorni lavorativi in assenze senza presentare nessuna giustifica. Chi è stato licenziato per motivi disciplinari si sarebbe reso protagonista di risse con i suoi diretti superiori. A questo punto sono scattati i ricorsi, quindi la discesa in campo dei sindacati e a seguire sono spuntati fuori certificati medici mai mostrati prima per giustificare i giorni di assenza e tutto si aggiusta tranne che per 3. Un rientro lampo, tanto che il rinnovo del contratto fino a fine anno che prelude alle assunzioni a tempo indeterminato è scattato il 3 agosto. Resta da capire adesso se Mascolo ha riammesso in Asìa degli sfaticati - e nell’ambiente Asìa questa ipotesi non viene scartata - oppure il direttore generale ha preso un abbaglio di quelli grossi, e non sarebbe il primo. Del resto se ne licenzi 11 e ne tornano indietro 8 c’è stata almeno faciloneria nell’intraprendere un’azione così pesante come togliere il lavoro a una persona. Si cambia in peggio la vita della gente e le tragedie umane per simili motivi sono all’ordine del giorno. 


Non è finita qui perché è di questi giorni la notizia di un altro licenziamento di massa - 7 dipendenti diretti di Asìa - che hanno fatto ricorso e 2 già sono rientrati perché il ricorso è stato accolto. Una vicenda che sta iniziando a interessare la politica, Mimmo Palmieri il presidente della Commissione trasparenza del Consiglio comunale e il capogruppo di Forza Italia Salvatore Guangi vogliono vederci chiaro e stanno raccogliendo documentazioni. Presto la Commissione si riunirà su questa tematica. «Il punto è - racconta Palmieri - che il licenziamento è un atto estremo. Quando si prendono queste decisioni bisogna avere la certezza che era l’unica strada possibile. E poi mi chiedo come può un’azienda in perenne affanno sul personale e che sulla spazzamento si affida ad appalti esterni licenzi continuamente i lavoratori». Anche Guangi è molto critico: «Posso parlare anche di un caso che sto verificando in prima persona - spiega il capogruppo di Fi - di un lavoratore Asìa in servizio a Scampìa, licenziato sulla scorta di 5 fotografie. Uno che ha problemi di salute. Una persona che ho conosciuto un mese fa, che non è un mio elettore. Troppo facile togliere il lavoro. Chi dirige Asìa si comporta da signorotto e poi chissà quanto costeranno ai napoletani tutte queste cause perse in Tribunale». 
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Il Mattino