In sei in una stanza di pochi metri quadrati nei Quartieri spagnoli a Napoli, dove la distanza sociale non é garantita neanche se si esce fuori nel vicolo su cui affaccia...
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«La situazione era già molto critica prima - racconta Anna seduta al tavolo che occupa tutto il centro della stanza - Ma con l'emergenza si è fermato tutto. Mi sono vista persa, finché non mi hanno aiutato i ragazzi dello Sgarrupato che mi portano da mangiare e mi danno una mano a livello psicologico». Sua madre confessa: «Non abbiamo nessun reddito e prima che arrivassero i ragazzi, ho chiesto anche l'elemosina per poter mangiare». In difficoltà anche i figli di Anna, una bambina di 6 anni e un maschietto di 10 che prima del blocco andavano a scuola. «Sono dispiaciuta per loro che sono costretti a stare a casa, li conforto come posso e loro ricambiano con baci e abbracci. Servono più a me che a loro. Avevano anche cominciato a fare lezioni con il telefonino, l'unico che abbiamo, ma io non ho il wifi, il segnale si prende solo se stai fuori. Servirebbe uno portatile o un tablet ma gli ho spiegato che ora abbiamo altre priorità. Sono grandi, hanno capito». In casa, e fuori, nessuno porta la mascherina. «È difficile in certe situazioni rispettare certe regole - spiega Anna - e a parte lavarci le mani, non abbiamo altre difese. Ma ringraziando Dio stiamo bene e appena finisce questa cosa, perché questa cosa deve finire, spero di trovare un lavoro. Una casa? Per ora mi va bene questa. Ora vi posso offrire un caffè?», aggiunge.
Il Mattino