Fallimenti societari pilotati con la regia di un anziano ed esperto commercialista, la compiacenza degli imprenditori titolari delle società da far morire e la...
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I reati contestati a vario titolo sono la corruzione e la bancarotta fraudolenta. I provvedimenti cautelari sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Napoli Nord. I finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria di Napoli hanno sequestrato in totale sette società riconducibili agli indagati con il loro enorme patrimonio immobiliare, del valore di 40 milioni di euro, composto da immobili di lusso, tra cui il Castello Aragonese d'Ischia e un altro stabile a Capri, appartamenti tra Napoli e Roma. Per l'accusa i due militari delle Fiamme Gialle avrebbero intascato una tangente da 4mila euro da Gelormini affinché alterassero il contenuto di un verbale redatto all'esito di un controllo incrociato a carico di una società il cui titolare era cliente del commercialista.
L'inchiesta è un filone di quella - poi finita per competenza alla Procura di Roma - che ha riguardato il giudice della sezione fallimentare del tribunale di Napoli Nord e di quella di Santa Maria Capua Vetere Enrico Caria, finito agli arresti domiciliari ad aprile scorso con l'accusa di aver veicolato nomine di consulenze in cambio di favori. I pm di Napoli Nord, coordinati dall'aggiunto Domenico Airoma, avevano iniziato ad indagare sul presunto giro d'affari illecito connesso ai fallimenti societari, scoprendo il business che se ne celava dietro; quando è emerso il coinvolgimento di Caria, le carte sono passate a Roma, mentre ad Aversa la Procura di Napoli Nord ha continuato ad indagare sul filone locale, scoprendo il ruolo di primo piano che sarebbe stato rivestito dal commercialista napoletano Gelormini in tutta una serie di fallimenti di grosse società, già peraltro indebitate soprattutto con il fisco.
Il compito del professionista era di ridurre sensibilmente, per gli imprenditori titolari delle società, il quantum da pagare all'Erario, che spesso restava con un pugno di mosche in mano. Il commercialista cercava di tenere i suoi clienti anche al riparo da conseguenze penali; per far questo non ha esitato a pagare una mazzetta a due finanzieri del Comando Provinciale di Napoli. La particolarità è che la tangente da versare, consegnata dall'imprenditore al professionista, era in totale di 6mila euro, ma Gelormini ha dato ai pubblici ufficiali 4mila euro, tenendo per sé i rimanenti 2mila euro, frodando, ritengono gli inquirenti, il cliente. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino