Avrebbero ucciso un coniglio, scaraventandolo contro un muro, perché l’animale era «troppo anziano» e non poteva più essere...
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Il procedimento giudiziario si riferisce a fatti accaduti nell’agosto del 2015. Secondo l’accusa B.A e B.M sono stati sorpresi da due vicini mentre chiudevano il povero coniglio all’interno di un secchio e lo appendevano a un albero con l’evidente obiettivo di causarne la morte, per asfissia o per inedia. Di fronte a tanta crudeltà, i due testimoni sono intervenuti facendo il possibile per salvare l’animale dal suo destino. Si sono avvicinati ai suoi aguzzini, hanno preso il coniglio e hanno cercato di placare il loro furore. Ma B.A e B.M, invece di calmarsi, hanno dato ancora di più in escandescenza: la donna ha strappato l’animale dalle mani del vicino e lo ha dato a suo marito che lo ha lanciato violentemente contro un muro, uccidendolo sul colpo. Nella lite è intervenuto anche il 43enne che avrebbe aggredito fisicamente uno dei due vicini, causando ferite guaribili in in tre giorni.
In attesa che il procedimento giudiziario faccia il suo corso – la prossima udienza è a febbraio – l’Ente Nazionale Protezione Animali auspica che non venga applicato l’istituto della particolare tenuità del fatto. Infatti, si tratta di una delle cause di non punibilità previste dal nostro ordinamento, per effetto della quale i due imputati finirebbero per essere sottratti alla condanna. «A nostro avviso – spiega l’avvocato di Enpa, Claudia Ricci - la dinamica dei fatti, in particolare la crudeltà di cui sarebbe stato vittima il povero animale, è inconciliabile con il concetto stesso di “tenuità”. Se gli imputati dovessero chiedere l’applicazione della clausola di non punibilità, faremo quanto in nostro potere per opporci». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino