Questa morte lascia costernati. Perché senza più Eduardo, era il figlio che ne riempiva il vuoto. È accaduto tutto in pochi giorni. Luca De Filippo è morto ieri pomeriggio...
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Luca ha cominciato a star male già dalle repliche di «Non ti pago» all'Augusteo, le ultime della sua vita. A Napoli ha portato a termine le ultime recite solo grazie a iniezioni quotidiane di Toradol. I dolori credeva fossero colpa di una discopatia. «Da giovane aveva già sofferto alla schiena», ricorda Savoia. Non a caso, il 30 e 31 ottobre, al Maschio Angioino, si presentò con il bastone al convegno sui minori a rischio che egli stesso aveva organizzato per un personale omaggio al padre in occasione dei 30 anni dalla morte.
Tornato a Roma ha consultato i medici della clinica Mater Dei, dove già fu operato al cuore. Una tac ha svelato la verità. Egli l'ha accettata con l'abituale auto-controllo. Forse non credeva che il male sarebbe stato tanto aggressivo e rapido. In ospedale è rimasto una manciata di giorni. Non c'era più nulla da fare. Intanto, aveva già annullato le date di «Non ti pago» in programma a Ravenna. Ha provato, invano, a recuperare per quelle al Piccolo di Milano. Così, ha chiamato Gianfelice Imparato a sostituirlo. Qualche giorno dopo, ha dato forfeit anche la moglie, Carolina, la figlia del regista Francesco Rosi, partner abituale nelle produzioni della sua compagnia, la LDF. A prendere il suo posto è stata Antonella Cioli.
Al capezzale di Luca sono accorse anche le prime due mogli, Annamaria e Paola, e i suoi tre figli, Matteo, Tommaso e Luisella, che portava il nome della sorellina perduta nel '60. Luca era di due anni più grande e, come il padre, ha sempre nascosto in sé quel profondo dolore. E nella casa di via Civinini, ai Parioli, la grande famiglia De Filippo si è ricomposta attorno al suo patriarca. «Carolina e i figli - racconta Savoia - vogliono proseguire la sua opera nel segno del teatro e di Eduardo».
Non a caso, ieri, in una nota, hanno scritto: «Luca era consapevole e fiero di essere l'erede di terza generazione di una famiglia che ha fatto la storia del teatro italiano e, nella figura di Eduardo, del teatro mondiale». E poi: «Questa inattesa scomparsa getta tutti nello sgomento e priva il teatro italiano di uno dei suoi più sensibili interpreti e di un custode appassionato e creativo di quella tradizione drammaturgica e attoriale che da Napoli ha saputo conquistare i più vasti successi in Italia e nel mondo. Convinto del valore sociale del teatro, uomo generoso, Luca è stato soprattutto attento agli aspetti umani, nel lavoro con la sua compagnia, creando intorno a sé una comunione di intenti artistici speciali e importanti».
Con questo spirito, questa passione, Luca aveva affrontato il compito di dirigere la nuova Scuola di arte drammatica dello Stabile di Napoli, impegnandosi in prima persona nei provini di selezione. «Cari giovani colleghi» era l'incipit dell'augurio rivolto agli allievi che egli stesso aveva scelto.
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Il Mattino