I proiettili conficcati nelle lamiere, il sangue sulla tappezzeria dei sedili e un cadavere scomparso. Il mistero è fitto come le ombre scivolate nella notte lungo via Alfonso...
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Comincia da qui, da questo macabro quadro di indizi che ufficialmente costringono ancora gli investigatori a rimanere abbottonatissimi (e che dovrebbero indurre anche chi scrive a parlare di morte presunta) la ricostruzione dell'ultimo gravissimo fatto di sangue avvenuto nel centro di Napoli. Ma il sospetto che la vittima di questa ennesima esecuzione di stampo mafioso sia proprio Di Biase è fortissimo. L'uomo, ritenuto il plenipotenziario del potente clan Mallardo, egemone nel Giuglianese, potrebbe essere finito in una trappola e poi ucciso a sangue freddo da persone di cui si fidava ciecamente. L'agguato è avvenuto in una strada laterale della trafficatissima piazza Poderico. Tre fori di proiettili nella fiancata sinistra della Panda intestata al fratello; sul parasole del lato guida i poliziotti - giunti sul posto dopo che qualcuno aveva allertato il 113 dicendo di aver udito colpi di pistola - hanno trovato la patente intestata proprio a Michele Di Biase.
Da rapinatore a boss. La storia criminale della presunta vittima del raid all'Arenaccia indica come il 57enne di Giugliano fosse diventato un personaggio di spicco nel panorama criminale di Napoli e provincia. Da braccio destro di Feliciano Mallardo - detto 'o sfregiato, deceduto in carcere nei mesi scorsi - a poco a poco Di Biase aveva scalato i vertici della cosca. Alcune informative di polizia giudiziaria lo indicano anche in rapporti con il boss dei Casalesi Nicola Schiavone. Di fatto, negli ultimi tempi era riuscito a crearsi una serie di rapporti pericolosi che spaziavano dagli esponenti della camorra del Giuglianese fino agli affiliati dei gruppi Tolomelli, Licciardi e Contini. E proprio la zona in cui sarebbe finito vittima dell'agguato è quella controllata dai Contini.
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Il Mattino