Napoli. «La Maya è desnuda al San Carlo, non fotografatela» | Guarda

Napoli. «La Maya è desnuda al San Carlo, non fotografatela» | Guarda
Più che di spogliarsi Giuseppina Piunti sembra preoccupata del fatto che qualcuno potrebbe fotografarla senza veli. E ha chiesto alla direzione artistica di lanciare un...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Più che di spogliarsi Giuseppina Piunti sembra preoccupata del fatto che qualcuno potrebbe fotografarla senza veli. E ha chiesto alla direzione artistica di lanciare un appello al pubblico per evitare di finire in qualche scatto rubato con il telefonino. Lei, tra l'altro, ha il problema di spostarsi sull'enorme cratere di materiale fonoassorbente che costituisce la scena dell'opera, un cratere che diventa di volta in volta luogo di scherzo e ritrovo, spazio destinato alle coppie di amanti, teatro del duello finale. «Si scivola, bisogna fare attenzione», racconta il soprano dal registro «Falcon», protagonista di «Goyescas», l'opera di Granados mai vista a Napoli che stasera (alle 19) debutta al San Carlo in un inedito dittico con la pucciniana «Suor Angelica» interpretata da Maria Josè Siri (attesa alla prima della Scala in «Madama Butterfly») al fianco della Zia Principessa di grande carisma di Luciana D'Intino. Sul podio Donato Renzetti. La regia del doppio allestimento (coprodotto con Firenze e Torino, dove s'è già visto) è del napoletano Andrea De Rosa. Il quale, se per Puccini ha puntato su una attualizzazione del dramma ambientandolo in una sorta di manicomio di fine Novecento, per Granados ha scelto di ricreare sulla scena una sorta di tableaux viventes ispirandosi ai più celebri quadri di Goya (cui l'autore fa omaggio anche nel titolo dell'opera), comprese le due «maya», la bellezza ispanica ritratta dal celebre pittore sia con che senza abiti.


Dunque, signora Piunti, lei evoca i quadri di Goya in scena?
«Ho accettato di spogliarmi ma solo dopo una lunga trattativa con il regista e perché si giustifica con l'operazione scenica».

In che senso?
«Non è un nudo e basta. In effetti non era opera facile da mettere in scena, si cercava una chiave ed è nata l'idea di questa sorta di tour in un museo».

E a lei tocca rifare la «maya» desnuda.
«Ci ho pensato un po', è chiaro che è una scena molto breve, si giustifica nel suo contesto, aspetta di notte in giardino l'amante e vuole rassicurarlo sulla sua fedeltà, ma non succede null'altro, è anche difficile cantare con le mani dietro la nuca e la testa voltata di lato, il diaframma protesta, ma tant'è...».

  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino