Cento milioni della Ue a forte rischio, posti di lavoro in bilico, almeno due anni di ritardo per il collegamento con la linea 1, vale a dire non più nel 2020 ma nel 2022,...
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Tra le ragioni che hanno spinto Metropolitana e Comune a optare per il cantiere della camera di areazione in piazza del Plebiscito in luogo di piazza Carolina come era originariamente progettato, c'è il veto posto dalla Prefettura. Nella sostanza, si tratterebbe di scavare sotto Palazzo di Governo un buco dal quale non passerebbe solo l'aria ma anche i mezzi di soccorso in caso di incendio o incidente, un buco da dove evacuare i viaggiatori, un varco munito anche di scale. Va da sé che la Prefettura - dove si tengono tra le altre cose tutti i vertici di governo - non sarebbe più idonea a ospitare i ministri.
Il cambio di rotta del Mibac è firmato dal direttore generale del ministero Gino Famiglietti che ha ribaltato il parere del sovrintendente Luciano Garella. Il sindaco Luigi de Magistris non nasconde la sua rabbia per quanto accaduto: «Il governo del cambiamento - dice a Televomero - si sta assumendo la responsabilità gravissima: fermare il cronoprogramma dei lavori della metropolitana. Garella è uomo molto rigoroso e aveva dato parere favorevole. Qui oltre al problema dell'autonomia del sovrintendente c'è un problema, con qualcuno che si è svegliato una mattina e blocca tutto». In riferimento a Famiglietti, che il sindaco non cita mai, dice: «Il perché dello stop va chiesto allo scienziato che lo ha stabilito. Invece di pensare alla Floridiana e a Palazzo Reale, che sono beni dello Stato messi male, si blocca la metropolitana, per questo dico che solo uno scienziato può avere preso questa decisione. Devo pensare che si tratti di un caso politico. Allora mi appello al ministro Alberto Bonisoli che sicuramente è più illuminato affinché ci spieghi se si tratta di un caso politico. Altrimenti lo invito a occuparsi personalmente di questa vicenda per evitare ritardi. Noi la linea 6 possiamo anche chiuderla poi però il governo del cambiamento dovrà restituire i soldi all'Europa». La questione dei finanziamenti è seria. La Linea 6 vale 790 milioni di cui 173 della Ue, se non si va avanti con i lavori la somma va restituita. Nel cronoprogramma il cantiere del Plebiscito andava chiuso entro marzo 2019 pena la restituzione dei fondi della Ue già spesi che sono la bellezza di 98 milioni. Il rischio di incorrere in una procedura per infrazione è altissimo. L'assessore competente Mario Calabrese è netto: «Faremo tutti i ricorsi possibili e immaginabili, le considerazioni tecniche che hanno portato alla scelta di piazza del Plebiscito permangono perché vanno nella direzione della tutela dei cittadini, della mobilità e del patrimonio storico del luogo».
Anche all'Ansaldo, l'azienda che sta costruendo la metro, non sono contenti della decisione del Mibac. «Vogliamo leggere gli atti ufficiali - fanno sapere - appena li avremo insieme agli altri componenti del consorzio valuteremo che strada percorrere. Anche noi valutiamo la via giudiziaria». Una montagna di problemi tecnici ed economici - trapela da Ansaldo - è quello che provoca la decisione del Mibac. Si dovrebbe scavare un nuovo buco, e in presenza di rinvenimenti archeologici di pregio crescerebbero i costi e i tempi. E poi la perdita dei posti di lavoro: un conto - questo il ragionamento - è un cantiere agile con il buco già fatto, altra cosa è aprirne un altro. Di qui la perdita dei posti di lavoro.
Un passaggio nella relazione fatta dalla Metropolitana sulla scelta di piazza del Plebiscito è significativo per capire come stanno le cose: «Il progetto definitivo - si legge - prevedeva la realizzazione della camera di ventilazione in piazza Carolina, purtroppo è intervenuta la necessità di redigere una variante al tracciato della galleria per evitare rischi all'edificato circostante. La soluzione alternativa individuata nella piazza del Plebiscito tuttavia non sembra lederne la maestosità». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino