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«Va acceso un faro sugli “all you can eat”», ovvero i ristoranti che offrono cibo finché si vuole a un prezzo fisso. Non si parla d’altro, in queste ore, nelle chat dei ristoratori napoletani del “crudo”, alcuni dei quali hanno locali importanti che puntano tutto sulla qualità. Nell’attesa che la magistratura faccia luce sulla tragedia di Luca Piscopo, il 15enne morto il 2 dicembre, a circa 10 giorni di distanza dal pranzo in un ristorante di sushi del Vomero il cui titolare cinese è iscritto (assieme al medico di base del ragazzo) nel registro degli indagati della Procura, il dramma ha scosso tutta la ristorazione partenopea. Un giro d’affari imponente, in città, questo del food asiatico, e in enorme espansione. Sono ben «102», secondo Tripadvisor, i locali che solo a Napoli si occupano di cucina «giapponese, fusion giapponese, asiatica, hawaiana e sushi» (questi i filtri utilizzati per la ricerca). Orientarsi è difficile, in questa vasta offerta, ma secondo gli imprenditori la lente va usata in particolare «nei confronti di una ventina di locali, ex cinesi che si sono riadattati alla cucina giapponese e offrono pesce crudo a prezzi stracciati, adatti specialmente alle tasche dei minorenni».
Tutto parte dai prezzi, naturalmente. A spiegare la situazione è Roberta Bacarelli dell’omonimo atelier di moda in via Carlo Poerio, locale in cui si serve anche cucina fusion nel sushi bar Baka: «Questo tipo di alimentazione può essere molto pericoloso, se non eseguito con enorme scrupolo - esordisce - Serve il miglior pesce che esista per servire il crudo, e dev’essere di provenienza accertata. È un lavoro che necessita di una cura pazzesca.
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Cruciali, in questo senso, pulizia e conservazione dei cibi: «La funzione dell’abbattitore è di abbassare la temperatura senza far formare cristalli all’interno della carne - aggiunge la chef Fabrizia Carola-Bacarelli - Un pesce che va servito crudo, come il salmone, soggetto al batterio Anisakis, va tenuto in abbattitore 48 ore. Anche qui parliamo di un costo notevole: al mese paghiamo migliaia di euro in bolletta elettrica. Il punto fondamentale sta anche nella conservazione del prodotto e nella pulizia delle cucine: la salmonella, nello specifico, deriva da una contaminazione incrociata tra prodotti, dalla conservazione mista di uova, pesce, pollo, eccetera. Noi usiamo guanti particolari anche per comporre i rolls con il riso. Ne consumiamo una scatolo ogni tre giorni e costano 10 euro ogni 100 paia».
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Il boom del pesce crudo al Vomero è evidente, specialmente dopo il boom della poke (il piatto hawaiano a base di riso, frutta e, appunto, pesce crudo). Decine di locali fusion nuovi di zecca, molti dei quali puntano su un target adulto e sulla qualità dei prodotti: paninoteche orientali, noodles bar, take away. La qualità costa, quando si parla di tonno, salmone e spigole da servire al piatto. E come tale dev’essere pagata. L’allarme principale, in questo senso, sta proprio nel target di riferimento degli “all you can eat”: «Essendo molto economici, questi locali attraggono purtroppo la fascia d’età giovanile con capacità di spesa ovviamente ridotta - commenta il presidente regionale di Fipe Massimo Di Porzio - Dalle nostre stime, a Napoli ci sono una ventina di locali a rischio».
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Il Mattino