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Vogliono conoscere tutti i particolari relativi alla tempistica, alle scelte e all’esecuzione dell’intervento chirurgico. Vogliono capire se ci sono state omissioni, ritardi, lungaggini, passaggi a vuoto, a proposito della drammatica fine di un bambino di pochi mesi. Si chiamava Claudio, era nato lo scorso 10 gennaio ed è morto a fine aprile. Aveva pochi mesi, era nato con un soffio al cuore, una criticità spesso diagnosticata ai neonati, che probabilmente sta alla base dell’epilogo drammatico della giovane vita.
Inchiesta condotta dal pm Tittaferrante, sotto il coordinamento dell’aggiunto Simona Di Monte, verifiche sul Monaldi, l’ospedale napoletano al quale la famiglia di Claudio si era rivolto nella speranza di vedere migliorate le condizioni di salute del piccolo. Difesi dalla penalista Federica Renna, i genitori di Claudio chiedono che vengano verificate due cose: vogliono conoscere il motivo per il quale il piccolo è stato rimandato a casa in più di un’occasione; ma anche il motivo per il quale sarebbe stata usata una sala operatoria non adibita per gli interventi chirurgici neonatali. Tempi e strutture, dunque, nel mirino della Procura, che punta anche a passare al setaccio le scelte adottate dai medici che hanno avuto in cura il piccolo Claudio.
Due i medici che sono finiti sotto inchiesta, vale a dire una cardiologa e un cardiochirurgo, l’accusa è di omicidio colposo.
Ma torniamo ai punti cardine dell’inchiesta. Si legge nella denuncia: «In più occasioni il medico che avrebbe dovuto operare nostro figlio, ci informava della difficoltà di procedere nell’operazione in quanto la sala operatoria neonatale era chiusa per problemi tecnici; lo stesso medico ci informava della grande difficoltà che aveva nell’operare altri bambini, motivo per il quale molti di esso erano stati trasferiti in altre strutture». Anche sui postumi dell’intervento chirurgico, è facile immaginare che ci siano delle verifiche da parte della polizia giudiziaria delegata dalla Procura di Napoli: «Dopo l’operazione, nostro figlio è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva adulti al terzo piano e non in quella sita al quarto piano».
Si tratta di passaggi tecnicamente neutri, che dovranno essere vagliati dagli inquirenti, alla luce dell’analisi delle cartelle cliniche e delle testimonianze a disposizione. E non è tutto. Probabile infatti che la Procura vada al di là del caso della tragedia del piccolo Claudio, nel tentativo di mettere a fuoco anche la gestione di strutture e risorse all’interno dell’ospedale collinare. Stando ai bene informati, nei mesi indicati nella denuncia, è stata effettuata un’attività incessante che ha impiegato tutti i ranghi utili oltre ad investire tutte le strutture a disposizione. Un’inchiesta che ora attende gli esiti dell’autopsia, che potrebbe comunque rappresentare un punto di riferimento decisivo a tutela soprattutto dei pazienti più piccoli.
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