Napoli, ergastolo definitivo per Luca Materazzo: la Cassazione ha detto no alla perizia psichiatrica

Napoli, ergastolo definitivo per Luca Materazzo: la Cassazione ha detto no alla perizia psichiatrica
Ha trascorso gli ultimi mesi impegnato in un corso di cucina, lui aspirante chef con la manìa della dieta proteica, buona per chi ama lo sport e coltiva un’antica...

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Ha trascorso gli ultimi mesi impegnato in un corso di cucina, lui aspirante chef con la manìa della dieta proteica, buona per chi ama lo sport e coltiva un’antica passione per il body building. Si occupa poco del suo caso giudiziario, fedele ad un atteggiamento improntato ormai da tempo al basso profilo, al controllo delle emozioni, a una sorta di atarassia che gli fa da guscio. Zero emozioni per Luca Materazzo, pochi giorni dopo la conclusione della sua vicenda giudiziaria. Per lui, niene svolte in Cassazione, che chiude formalmente il caso dell’omicidio del fratello, l’ingegnere Vittorio Materazzo. Nessuna apertura da Roma: no dei giudici ad accogliere un ricorso inoltrato dai suoi legali, con cui si chiedeva di autorizzare una perizia psichiatrica, per accertare le sue condizioni di lucidità mentale, nel momento in cui - con poche righe - aveva rinunciato a difendersi in appello. Richiesta respinta, la storia è chiusa: ergastolo per Luca Materazzo, nessun colpo di coda. Non c’è spazio per una sorta di incidente di esecuzione, non c’è alcuna possibilità di valutare la coerenza della sua condotta quando - accadde tre anni fa -, il giovane professionista spedì in Assise la decisione di rinunciare all’appello. 

Una vicenda drammatica, che si chiude con una sorta di alzata di spalle da parte del diretto interessato, che da anni vive nel carcere di Poggioreale, accudito dal lavoro di professionisti nel campo della formazione (parliamo di personale interno al penitenziario napoletano), dai volontari impegnati in progetti di riabilitazione, dalla sensibilità del garante cittadino e regionale dei detenuti. Parla poco Luca con gli altri: per molti dietro le sbarre è «avvocato», dal momento che aveva coltivato gli studi giuridici (era praticante ma sognava di fare il notaio); coltiva (un po’ ad intermittenza) la passione di chef, probabilmente la traccia che lo lega a un passato familiare e relazionale sconvolto dall’orrore consumato con le proprie mani. 

Una storia maledetta la sua, destinata a rimanere scolpita nella memoria collettiva per molto tempo. Ricordate cosa accadde cinque anni fa? Era il 28 novembre del 2016 quando Vittorio Materazzo, ingegnere di 51 anni, fu ucciso sotto casa. Affrontato da un uomo con un giubbotto da motociclista, pantaloni larghi e un casco integrale. Decine di coltellate, nessuna pietà per un uomo che rincasava dopo una giornata di lavoro, lì a pochi passi da casa. Viale Maria Cristina di Savoia, a due passi da corso Vittorio Emanuele, lato Mergellina, zona tranquilla, persone riservate, nessuna voglia di impicciarsi dei fatti degli altri. Poi quelle urla di lunedì sera (c’era il posticipo del Napoli contro il Sassuolo), delitto organizzato a freddo: l’assassino venne visto mentre percorreva le scalette per il corso e si imboscava nella parte alta di vico della Neve, per sbarazzarsi del coltello, del giubbino e del casco integrale. Storia nota, sviscerata in un processo terminato con l’ergastolo a carico di Luca (che si è sempre dichiarato innocente), al termine del primo grado di giudizio.

Ma qual è la novità di questi giorni? Facciamo un passo indietro. Mesi fa, sono stati gli avvocati Luca Bancale, Fabio Carbonelli e il professor Alfonso Furgiuele a chiedere alla Corte di Assise di autorizzare una perizia psichiatrica in grado di stabilire la lucidità di Luca, nel momento in cui chiedeva di rinunciare al processo bis in appello. Forti di un lavoro difensivo sostenuto da psichiatri e specialisti (che hanno avuto modo di incontrare Luca Materazzo a Poggioreale), gli avvocati chiedevano alla corte di assise di rinunciare ad un approccio burocratico, di non attaccarsi a quelle righe con cui il detenuto si scrollava di dosso il ruolo di imputato, di fronte alla prospettiva del fine pena mai. Un’istanza respinta dalla corte di assise, al punto da motivare un ricorso per Cassazione. Pochi giorni fa, la doccia gelata: ricorso rigettato, il caso è chiuso. Ora non resta che attendere il deposito delle motivazioni, per una valutazione definitiva del caso. In linea puramente teorica, la difesa potrebbe chiedere la revisione del processo, ma solo in presenza di un elemento di prova nuovo e non valutato dai giudici che hanno condannato Materazzo jr. Possibilità residua, mentre il sipario sembra calare lentamente sul fratricidio di Chiaia e sui demoni che lo hanno animato. 
 

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Il Mattino