La pen drive di Zagaria, un cuoricino di plastica che conterrebbe i segreti mai svelati del boss dei Casalesi e nasconderebbe dietro di sé una trattativa tra uomini dello Stato...
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Ed ha rinunciato al Riesame, che era fissato per oggi. Tommaso Barbato, dal canto suo, di quei soldi ha parlato, ha ammesso di averli ricevuti, ma ha spiegato che si trattava di un finanziamento al partito, l’Udeur, del quale era presidente provinciale tra il 2000 e il 2005. Ma Licenza parla di mazzette, e le sue ricostruzioni sono al vaglio della Dda: se i suoi racconti dovessero trovare riscontri, il numero degli indagati per gli appalti con la procedura della somma urgenza aumenterà. Ma allo stesso modo le parole dell’imprenditore che collabora potrebbero illuminare il giallo della pen drive, vicenda ricostruita a metà, come ha detto peraltro il procuratore Giovanni Colangelo, mercoledì, in Commissione parlamentare antimafia. E, a breve, potrebbero esserci nuovi indagati, anche perché accanto a quella dei Ros, si è aggiunta un’indagine interna della polizia.
Ci sono stati nuovi interrogatori, ma soprattutto sono stati acquisiti alcuni video del blitz nel covo del boss, in parte già pubblici, che però assumono una valenza completamente diversa alla luce dell’intercettazione ambientale allegata all'inchiesta «Medea», nella quale un imprenditore racconta al fratello di aver saputo che la penna con i segreti del boss sarebbe stata ceduta da un poliziotto della squadra mobile di Napoli all’imprenditore Fontana per 50mila euro.
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Il Mattino