Il giallo della pen drive di Zagaria, la polizia in campo: presto indagati

Il giallo della pen drive di Zagaria, la polizia in campo: presto indagati
La pen drive di Zagaria, un cuoricino di plastica che conterrebbe i segreti mai svelati del boss dei Casalesi e nasconderebbe dietro di sé una trattativa tra uomini dello Stato...

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La pen drive di Zagaria, un cuoricino di plastica che conterrebbe i segreti mai svelati del boss dei Casalesi e nasconderebbe dietro di sé una trattativa tra uomini dello Stato e camorra. E, nel fascicolo, le confessioni di un imprenditore che sostiene di aver pagato per 25 anni tangenti a funzionari pubblici per accaparrarsi gli appalti regionali. Mentre la storia della pen drive inizia a circoscriversi, uno degli indagati dell'inchiesta Medea decide di rendere spontanee dichiarazioni alla Dda e racconta di aver pagato mazzette a Tommaso Barbato, 30mila euro in due tranche che gli avrebbe consegnato direttamente a casa, a Marigliano, e di essere ricorso alle tangenti anche in altre occasioni, nel periodo compreso tra il 1990 e il 2014. Si chiama Luciano Licenza e due giorni fa è stato ascoltato per sette ore dai magistrati della Dda. Non è pentito, infatti lo assistono ancora i suoi avvocati di fiducia, Carlo De Stavola e Pasquale Diana, ma sta rendendo ammissioni e ricostruendo un trentennio di ingranaggi pubblici oleati a suon di mazzette.




Ed ha rinunciato al Riesame, che era fissato per oggi. Tommaso Barbato, dal canto suo, di quei soldi ha parlato, ha ammesso di averli ricevuti, ma ha spiegato che si trattava di un finanziamento al partito, l’Udeur, del quale era presidente provinciale tra il 2000 e il 2005. Ma Licenza parla di mazzette, e le sue ricostruzioni sono al vaglio della Dda: se i suoi racconti dovessero trovare riscontri, il numero degli indagati per gli appalti con la procedura della somma urgenza aumenterà. Ma allo stesso modo le parole dell’imprenditore che collabora potrebbero illuminare il giallo della pen drive, vicenda ricostruita a metà, come ha detto peraltro il procuratore Giovanni Colangelo, mercoledì, in Commissione parlamentare antimafia. E, a breve, potrebbero esserci nuovi indagati, anche perché accanto a quella dei Ros, si è aggiunta un’indagine interna della polizia.



Ci sono stati nuovi interrogatori, ma soprattutto sono stati acquisiti alcuni video del blitz nel covo del boss, in parte già pubblici, che però assumono una valenza completamente diversa alla luce dell’intercettazione ambientale allegata all'inchiesta «Medea», nella quale un imprenditore racconta al fratello di aver saputo che la penna con i segreti del boss sarebbe stata ceduta da un poliziotto della squadra mobile di Napoli all’imprenditore Fontana per 50mila euro. ​



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Il Mattino