Pochi mesi prima di essere arrestato per un omicidio ai Quartieri Spagnoli, aveva spedito delle lettere agli amici, «ai fratelli». Lettere finite sotto sequestro, che...
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Una «smania» di conquista, spiega il gip minorile Angela Draetta, dietro l'omicidio di Mario Mazzanti (e il ferimento di Giovanni De Crezio), messo a segno il 22 maggio del 2015 in vico Lungo San Matteo, in un crescendo di esaltazione documentata da intercettazioni e immagini. Decisiva una perizia labiale disposta dalla Procura, per ricostruire alcune immagini ricavate nel carcere minorile di Catania. È un passaggio cruciale per la tenuta delle accuse a carico del presunto babykiller, quando F.V. riceve amici e parenti e prova a mimare le fasi dell'omicidio. Parole captate in ambientale, gesti e movimenti delle labbra diventano elementi che al momento inchiodano il minorenne. C'è un movente: un litigio di F.V. con altri ragazzi della sua età il giorno prima del delitto, quando qualcuno chiede l'intervento di Mario Mazzanti, un trentenne legato a una famiglia nota agli inquirenti nella zona delle cosiddette «chianche».
Forte del proprio carisma, Mazzanti avrebbe minacciato il ragazzino di «svitargli la testa», di fronte ad altri litigi. Un affronto, nell'ottica di chi sogna di «andare a vincere, a colpi di botta in testa». Ed ecco il momento del delitto, secondo la ricostruzione del perito del pm: «Mi dicevano togli la pistola, togli la pistola..., non volevano farmi salire sui motorini... poi io corsi e sparai, il proiettile dalla spalla al cuore (F. mima il gesto delle spalle e del petto, scrive il consulente); poi Giovanni (l'uomo rimasto ferito) se n'è andato e io l'ho visto traballare». A questo punto, un amico gli chiede della persona deceduta e F.V. si pavoneggia: «A Mario? Sì, sì, ho sparato io a Mario, stavano con due motorini». Tutto si svolge in un clima di ironia e di esaltazione, quando F.V. non immagina che le indagini possano inchiodarlo (almeno per il momento) al delitto consumato ai Quartieri spagnoli. Ma c'è dell'altro.
Agli atti anche le parole della mamma e della nonna di F.V., che si dicono preoccupate subito dopo la morte di Mazzanti, per una possibile risposta da parte di quelli delle chianche. Tanto che in famiglia, arrivano addirittura a comprare una pistola per il ragazzino (che nel frattempo si era nascosto da un parente), sperando che la polizia potesse arrestarlo per possesso di armi. Le donne temono una vendetta, la più anziana sfodera una buona dose di senso pratico: «Non vi affacciate, neppure per stendere i panni all'esterno del balcone, non aprite la porta, neppure se dicono che sono poliziotti, state lontano dalle porte... hanno detto che ci uccidono, a partire dai bambini... mettete dei panni bagnati sotto le porte (per bloccare il liquido infiammabile, ndr). Difeso dal penalista Roberto Saccomanno, F.V. punta a dimostrare la propria estraneità al delitto, mentre la famiglia della vittima (rappresentata dall'avvocato Riccardo Ferone) chiede una giustizia rapida. Ma qual è il profilo del ragazzino della paranza, che sognava di conquistare i Quartieri a colpi di morti ammazzati? «Un minore che mai ha mostrato segni di pentimento (anche in relazione ad altri delitti) ed è anzi considerato una mina vagante, dall'agire impulsivo, spavaldo e altamente trasgressivo. È noto come uno smanioso, sempre pronto a raccogliere nuove drammatiche sfide». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino