Poliziotto ferito a Napoli: Nico, una vita sotto copertura per combattere la criminalità

Poliziotto ferito a Napoli: Nico, una vita sotto copertura per combattere la criminalità
«Papa, parlami, parlami... Papà, svegliati»: Giovanna, la figlia di Nicola Barbato tenta di abbracciarlo scavalcando gli agenti che lo proteggono. Poi il portellone...

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«Papa, parlami, parlami... Papà, svegliati»: Giovanna, la figlia di Nicola Barbato tenta di abbracciarlo scavalcando gli agenti che lo proteggono. Poi il portellone dell’ambulanza si apre e dalla piccola folla si alza un grido: «Forza». Si intravedono i capelli scuri di Nicola Barbato e dai poliziotti con gli occhi gonfi di lacrime arriva un solo urlo: «Forza, Forza».








Qualcuno applaude e gli altri si uniscono al battimani mentre Angela, la moglie del poliziotto ferito, abbraccia i figli con il viso inondato di pianto. Scene di dolore e di strazio. Al pronto soccorso del Loreto Mare, dove il poliziotto lotta per la vita, ci sono decine di uomini e di donne in divisa, ci sono i falchi con la paletta infilata nella cintura e lo sguardo disperato, ci sono gli agenti in borghese accasciati sulle sedie della sala d’attesa, c’è una poliziotta con il pancione che nessuno riesce a far tornare a casa. E poi ci sono loro: Angela, Giovanna e Luigi, la moglie e i figli di Nicola, che non si staccano l’uno dall’altro. Angela è una donna esile e minuta che da giovedì sera non si è mai allontanata dal marito. Ora aspetta di conoscere i risultati della risonanza magnetica per sapere quale biglietto le toccherà nella lotteria della vita e della morte.



Lui è stato portato via in ambulanza: al Loreto Mare manca l’apparecchiatura necessaria per quantificare i danni provocati dalla maledetta pallottola che un criminale gli ha conficcato nel cervello. «Siamo sposati da ventisei anni - racconta piano la moglie - abbiamo avuto due figli, una famiglia normale...e adesso». I colleghi del marito le spiegano che lui è stato operato, che l’intervento è andato bene. Ma lei respinge tutte le parole di conforto: «Solo lui mi può togliere l’angoscia, solo lui...Quando si sveglierà e potrò parlargli...solo allora sarò sollevata».



È questo l’incubo in cui il killer l’ha cacciata: guardare Nicola, accarezzare i suoi capelli scuri e arruffati, e non potergli parlare, non poter incrociare il suo sguardo. Inutile ripeterle che sono i medici che vogliono che dorma, che lui deve riposare. Lei continua a ripetere: «Solo quando potrò parlargli sarò tranquilla...».



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