È accusato di aver estorto del danaro a una paziente ammalata di cancro producendo certificati falsi. Per questo motivo l'anno scorso il tribunale lo ha interdetto...
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È una brutta storia. Che inizia il 13 settembre del 2014, quando Zappalà, all'epoca primario della chirurgia generale della Betania e responsabile del pronto soccorso, effettua un'ecografia al seno di una paziente, nella clinica di Ponticelli. Subito dopo l'esame il camice bianco spiega alla donna di aver rilevato un'area sospetta, un nodulo nella mammella sinistra ma che nell'ospedale i tempi di attesa per l'ago aspirato sono lunghi (cosa risultata nelle indagini non veritiera ) per cui le consiglia di andare a fare l'esame in tempi stretti nel suo studio, in via Riviera di Chiaia. La donna ha paura. Qualche mese prima le era stato diagnosticato un tumore all'utero, per cui decide di fare come le viene sollecitato. Il 15 settembre successivo Zappalà effettua l'ago aspirato nel suo studio e si fa pagare: 200 euro. È qui che inizia il calvario per la paziente. Si perchè alla fine la signora non saprà più nulla di quella diagnosi. Nel frattempo Zappalà non fa esaminare dal patologo della clinica il siero asportato dall' ago aspirato. Anzi, fa una cosa che ha dell'incredibile. Il 22 settembre produce nella clinica un referto in cui attesta falsamente «l'assenza nella paziente di cellule tumorali e un quadro citologico che mostra alcuni elementi come da fibrolipomatosi» . Nel certificato c'è una firma illeggibile, non riconducibile a nessuno dei patologi della Betania. E la signora ammalata resta in un limbo. Non sa più nulla di quella diagnosi. Passano i giorni. Quindi la donna grazie alla sua insistenza si reca dalla responsabile dei patologi della Betania.
È qui che sia lei che la dottoressa che tenta di aiutarla entrano in possesso di quel certificato fasullo e capiscono tutto.
Il Mattino